Professore, quali sono i capitoli aperti nel settore delle telecomunicazioni?
Fra le questioni generali, al primo posto noi mettiamo la ricerca, visto anche il nostro ruolo. Per anni abbiamo posto questo tema: della mancanza di finanziamenti, della frammentazione e dispersione dei fondi, della mancanza di cooperazione fra accademia, altri centri di ricerca e industria, della inefficienza e mancanza di impatto di molte fonti di finanziamento. Adesso, grazie al PNRR, possiamo affrontare la questione con strumenti adeguati.
In che modo?
Uno strumento importante per il nostro settore, ma non il solo, è il nostro programma RESTART, partenariato esteso in fase di negoziazione con il MUR, che una volta finalizzato potrà contare su 116 milioni di euro di finanziamento e le cui attività previste includono non solo progetti di ricerca ma anche importanti attività strutturali e di supporto, come laboratori, innovazione e trasferimento tecnologico, supporto a spin-offs e startups, didattica e formazione, comunicazione e standardizzazione.
Oltre alla ricerca, qual è il secondo tema sul tavolo delle telecomunicazioni?
Il secondo problema secondo noi è quello dello skill gap, della mancanza di professionisti, tecnici e anche di studenti nel nostro settore. È un problema che riguarda tutta l’Europa e in generale le materie scientifiche, ma che in Italia è reso più grave dall’emigrazione dei nostri tecnici e laureati, non compensata da analoghi flussi in entrata. Anche questo è un tema che solleviamo da molti anni. Con il programma RESTART tenteremo di limitare questa carenza con campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione, ma soprattutto lavorando a migliorare la didattica e la formazione e quindi le opportunità di carriera per i nostri studenti.
Passando alle reti 5G, quali sono i problemi principali?
Il livello di competizione nel mercato e gli elevati costi per gli investimenti mettono a rischio il deployment della rete e in sofferenza il settore. Il tema sarà affrontato con due panel dedicati durante 5G Italy, cercando di individuare soluzioni il più possibile sistemiche.
Professore, questo è un cambiamento sostanziale del quadro del 5G rispetto
a qualche anno fa. Perché siamo a questo punto?
Siamo a questo punto perché il mercato è peggiorato, dal punto di vista degli operatori e dei vendor. La competizione ha continuato a erodere i margini. Sono stati necessari investimenti durante la pandemia e il 5G ne richiede diulteriori. È stato anche necessario pagare gli importi relativi alle aste per
l’assegnazione dello spettro mentre nel frattempo i costi dell’energia sono molto
aumentati. Il sistema è quindi sotto stress.
Come risolvere almeno in parte questo problema?
C’è chi propone di chiedere un contributo agli OTT, cosa però non condivisa in alcuni Paesi Europei, oltre alla ovvia contrarietà degli OTT stessi, i
quali sostengono che i clienti dell’infrastruttura non sono loro e nel caso bisogna far
pagare di più gli utenti, cosa che però si scontra ancora con il livello di competizione
nel settore. Bisogna tener presente, comunque, che cambiare i modelli di pagamento
in Internet è cosa complicata; l’ecosistema è molto complesso e ha componenti difficili
da considerare, tra cui le CDN. Diverso sarebbe invece ad esempio procedere con un
aumento della fiscalità a carico degli OTT e poi usare fondi pubblici per sostenere gli
investimenti nelle reti. Altre soluzioni del genere, che intervengano, come dire, off-line
sarebbero sicuramente più semplici che intervenire sui modelli puntuali di traffico e di
pagamento che hanno governato Internet sinora. Infine, un lieve aumento delle
tariffe, in accordo con i regolatori, darebbe sollievo ma non è una soluzione a
medio/lungo termine.
Per quanto riguarda il 5G, esistono dei casi d’uso remunerativi?
Ecco questo è un tema importante; negli anni scorsi abbiamo
parlato di numerosi casi d’uso che sono di grande interesse e utilità, ma che non
sembrano a oggi generare introiti addizionali in maniera significativamente superiore
al passato. In linea di principio, servirebbero anche poche applicazioni, non
necessariamente una killer application, che però siano più remunerative rispetto al flat
rate offerto agli utenti diciamo tradizionali, con 5G al posto di 4G.
D’altra parte, se guardiamo al passato, la strada della differenziazione della qualità di
servizio raramente ha dato grandi soddisfazioni economiche. Intanto, implementare
soluzioni tecniche capaci di fornire qualità differenziate e/o garantite end-to-end,
attraverso diversi domini, non è per niente semplice e comunque avrebbe un costo. Di
più, l’evoluzione tecnologica ha spesso portato in breve tempo un miglioramento delle
prestazioni, dando la possibilità di fornire a tutti la qualità teoricamente offerta dalla
migliore classe della situazione precedente. Ancora, una soluzione differenziata pone
problemi di net-neutrality. Quindi, e lo dico contro gli interessi della ricerca, che si è
impegnata molto su questi argomenti, anche qui temo che una tariffazione per classi
non sia la soluzione radicale ai problemi attuali di sofferenza economica.
Bisogna invece lavorare per rompere il circolo vizioso che vede ancora la mancanza di
una rete 5G a piena funzionalità (stand-alone) e con ampia diffusione perché non ci
sono applicazioni abbastanza remunerative della stessa, mentre non ci sono e non si
sviluppano applicazioni perché non c’è la rete. Ora il PNRR non è certo una panacea
ma un aiuto lo darà, anche da questo punto di vista.
Un’altra questione riguarda gi operatori virtuali e soprattutto altri player, non
operatori di telecomunicazioni in senso stretto, che offrono connettività e servizi.
Sono da considerare come competitor o come clienti degli operatori?
Dipende, si verificano entrambi i casi; nel primo si accresce ancora la competizione e lo si fa anche su di un segmento che potrebbe portare a offrire servizi ad alto valore aggiunto, ad esempio come nel caso di bolle 5G in cui si va al di là delle reti private 5G, e che includono non solo la connettività ma anche edge cloud e relativi servizi.
Cosa si intende per ‘bolle 5G’?
Preferisco parlare di bolle 5G invece che di reti private, perché la connettività potrebbe essere comunque offerta da un operatore e poi
rivenduta. La cosa importante è che sia una rete 5G a funzionalità completa,
aggiungendo servizi e applicazioni.
E il ruolo dello Stato e della Pubblica Amministrazione qual è?
Lo Stato potrebbe e dovrebbe essere un cliente sempre più
importante delle reti 5G, dato che è auspicabile che la pubblica amministrazione
utilizzi questo strumento nel quadro più ampio della sua digitalizzazione. A questo
riguardo c’è la questione del budget da reperire ma anche e forse soprattutto di
personale.
Cosa vuole dire?
Beh, tradizionalmente la pubblica amministrazione ha tipicamente arruolato professionalità con profili legali, economici, amministrativi ma
raramente tecnici. Le cose stanno cambiando ma lentamente e non sul tutto il
territorio nazionale. Non è più accettabile oggi, ad esempio, che un comune anche piccolo non abbia questa tipologia di personale in numero sufficiente, e invece accade
ancora spesso.
Servono più ingegneri nella PA?
Certamente, diciamo in generale tecnici. Manca il personale tecnico qualificato. Ad esempio, ciò che a volte avviene è che una amministrazione si
doti di una funzionalità tecnologica tramite fornitori esterni e poi non si preoccupi della
manutenzione e dell’aggiornamento e più in generale dell’uso di questa funzionalità
all’interno dei suoi processi. Il risultato è che poi quella funzionalità o tecnologia
rimane sottoutilizzata se non peggio e che i servizi resi all’utenza non migliorino. Ciò
accade principalmente perché l’amministrazione non ha personale formato in grado di
gestire queste tecnologie. Per digitalizzare, occorrono tecnici e persone competenti
dentro la P.A. e che operino in modo integrato con le altre componenti della P.A.
stessa e nel quadro di processi ben progettati.
Come verrà affrontato il tema energia al prossimo 5G Italy?
In primo luogo, dal punto di vista del miglioramento dell’efficienza energetica della rete. Secondo diverse stime dei vendor, la tecnologia
5G consuma circa un decimo di 4G per ogni bit trasportato; però 5G trasporterà più
bit di 4G. Quindi da un lato il consumo globale di energia non diminuirà per questo,
anzi; però supportare aumenti di traffico che ci sarebbero comunque con 4G sarebbe
ovviamente peggio. Quindi, la transizione a 5G è necessaria pure da questo punto di
vista, anche perché c’è un altro fattore importante da considerare: 5G consente
ulteriori risparmi energetici dell’ordine del 10% in diversi settori applicativi, come i
trasporti. Un risparmio del 10% dei consumi energetici in altri settori di grande rilievo
porterebbe a un bilancio energetico globale positivo e che annullerebbe addirittura il
contributo ai consumi di energia e di generazione di CO2 di 5G stesso e in generale
delle TLC. Possiamo diventare un settore a consumo netto di energia/CO2 nullo o
negativo.
Come se ne esce? Passare al 5G conviene.
Certo che conviene. Bisogna incentivare il passaggio al 5G. È come un ecobonus però applicato alle TLC. Bisogna promuovere le tecnologie che consumano meno. È come sostituire un vecchio elettrodomestico con uno di classe A. 5G è più sostenibile, anche se richiede significativi investimenti, cosa che succede anche se vogliamo mettere il cappotto a un edificio.
Per quanto riguarda la sicurezza?
Il tema lo abbiamo sempre affrontato in tutte le edizioni di 5G Italy, vista la sua importanza, che appare più chiara ed evidente nell’attuale contesto internazionale. 5G è una infrastruttura critica, come lo sono in generale le reti di telecomunicazione. Nel caso di 5G abbiamo anche un significativo aumento della superficie di attacco, che si accresce in termini di dimensioni (aumento del numero di terminali connessi, e.g., IoT); tipologia (eterogeneità di terminali, servizi e applicazioni); qualità e importanza (servizi di crescente criticità: ospedali, centrali elettriche, metropolitane…). La sicurezza della rete richiede di dedicare attenzione a tutta la supply chain e la messa in campo di test di sicurezza (security assurance), includendo certificazioni iniziali e poi test in ambiente operativo – DevSecOps, essendo 5G una rete softwarizzata. I controlli devono essere più diversificati rispetto a quanto previsto oggi e includere funzioni di rete, interfacce e relativi protocolli di sicurezza, protezione crittografica.
Altre tematiche?
C’è l’intelligenza artificiale che, come l’energia, sarà discussa
nella conferenza da due diversi punti di vista: il primo riguarda l’utilizzo
dell’intelligenza artificiale per migliorare il funzionamento della rete. Il secondo è
l’utilizzo delle reti per supportare e migliorare gli algoritmi di intelligenza artificiale.
In che senso?
Nel senso che senza le reti di telecomunicazione non si possono generare, raccogliere e trasportare i dati che servono per far funzionare molti
algoritmi di intelligenza artificiale e relative applicazioni. Altre tematiche importanti
sono quelle dei dati e della relativa privacy, cercando di andare molto al di là del
cosiddetto consenso informato; quella del cloud/edge cloud e dei modelli che il Paese
intende adottare e implementare in materia; e infine quella del ‘Remote Experience’,
con cui ci siamo familiarizzati durante la pandemia e che include l’entertainment, la
promozione e la fruizione degli asset culturali e artistici italiani, il lavoro remoto, il
supporto all’industria, oltre a education and training.
Per conoscere nel dettaglio tutte le novità e cosa vi aspetta all’evento 5G Italy – Verso le TLC del futuro, collegatevi subito qui.