Le voci di un’esclusione del canone Rai dalla bolletta, alla luce dei lunghi lavori preliminari in corso, non sono fondate; lo dice il Mef dissipando qualsiasi dubbio in un comunicato pochi giorni fa.
Il traguardo del Pnrr, prosegue il Tesoro, si basa sulla necessità di tutelare la concorrenza nel mercato elettrico e si basa sulle proposte dell’Agcm, che non avevano riscontrato criticità in merito al pagamento del canone Rai dal punto di vista competitivo nel mercato dell’energia, a condizione che il pagamento fosse trasparente per gli utenti finali.
Ecco di cosa si era parlato fino ad oggi
In passato si parlava della possibilità che il canone Rai potesse diventare un costo separato dalla bolletta, ma non prima del 2023. Solo da quel momento, infatti, l’Italia avrebbe deciso di rispettare gli impegni presi con l’Europa attraverso il Piano per la ripresa e la resilienza (Pnrr): questo piano prevedeva che tutti gli oneri impropri sarebbero dovuti scomparire dai costi energetici, e ciò comprende anche il canone di abbonamento televisivo, dovuto come sappiamo allo Stato da chi possiede un televisore.
Inserito tra le utenze elettriche nel 2016 dal governo Renzi, con l’intento (riuscito) di contrastare l’evasione fiscale del tributo, il canone Rai ha dovuto fare i conti con la riforma del mercato energetico (non inserito poi, in quanto previsto nei mesi scorsi, nella legge annuale sulla concorrenza approvata il 4 novembre dal Consiglio dei ministri).
Come era stato previsto, dal 2023 il canone Rai sarebbe dovuto tornare ad essere un tributo a gestione autonoma perché, come sostiene l’UE, i fornitori di energia non sono tenuti a riscuotere oneri non riferibili al proprio settore di mercato, né quindi ai consumatori di pagare un costo relativo a un servizio diverso nella stessa fattura. Ma sembra che le cose alla fine sono cambiate.