Il dott. Youri van Hees, dopo uno studio sui laser a femtosecondi durato quattro annate, ha analizzato nel dettaglio anche l’utilizzo di impulsi di luce ultra brevi per poter scrivere informazioni, riuscendo a combinare i vantaggi sia della luce che della memoria magnetica.
Il valore scientifico della ricerca è molto elevato, essendo che attesta un importante passo in avanti verso l’impiego della luce come nuova tecnologia per scrivere informazioni su un supporto magnetico. Obiettivo che crea un gigantesco interesse ai data center mondiali, così da ottenere informazioni sempre più dettagliate con un consumo energetico minore.
“Ormai le persone usano i magneti per memorizzare i dati da molto tempo. Questo viene fatto sotto forma di bit, i familiari zeri e uno, che sono come minuscoli domini magnetici con un polo nord ed un polo sud. Per scrivere dati, facciamo spostare proprio questi poli, così da generare un campo magnetico”
, spiega il dott. van Hees.“Infatti, il disco rigido di un laptop, ad esempio, contiene una piccola bobina con cui poter scrivere piccoli domini magnetici e, fino ad ora, vi è sempre stato bisogno di un intermediario elettronico per farlo, poiché deve essere azionata. Un processo, questo, che costa tempo ed energia extra”, aggiunge l’autore.
L’impiego di impulsi di luce ultraveloci nella nuova tecnica riesce a spostare gli elettroni che trasportano le informazioni. E non solo, ha anche il permesso di trasferire i poli nord e sud dei domini magnetici, permettendo di saltare anche il passaggio elettronico intermedio.
Questo procedimento sarebbe importante per capire in anticipo e con certezza se verrà inserito uno “0” o un “1” senza dover prima conoscere lo stato iniziale del bit. Il tutto diventa così più efficiente.
“Per rendere stabili i bit con questo nuovo metodo della luce, abbiamo dovuto anche studiare quali materiali magnetici potrebbero essere i più adatti. Non possiamo infatti usare la formula standard di strati di cobalto e gadolinio ma, l’aggiunta di uno strato atomico extra di terbio, un metallo ferromagnetico, risulterebbe funzionare molto bene. Per ora stiamo ancora cercando il giusto equilibrio”, conclude l’autore.