Nell’ultimo periodo si sente parlare praticamente in ogni parte del Web di intelligenza artificiale. Dalla più popolare ChatGPT, che riesce a generare qualsiasi tipologia di testo, a Lensa AI, che riesce a rendere il nostro volto una vera e propria opera d’arte. Tutto molto bello, ma si dovrebbe prestare maggiore attenzione ai termini. Infatti, qualificare tutto come “IA” non è sempre corretto. Scopriamo di seguito perché.
Intelligenza artificiale, i due tipi di IA esistenti attualmente
L’intelligenza artificiale è definita in due categorie: intelligenza artificiale ristretta (ANI) e intelligenza artificiale generale (AGI). Attualmente la seconda non esiste, infatti quasi tutta l’AI che conosciamo è ristretta, creata “solamente” come un sistema complesso che risolve una problematica.
Tra i software AGI oggi in circolazione ce ne sono alcuni che funzionano come gli umani. Ed è proprio per questo motivo che non abbiamo ancora visto niente, nonostante abbiamo già avuto un assaggio di reti neurali e deep learning e di come stanno cercando di andare a ricreare i processi che avvengono all’interno del nostro cervello.
Di fatti, le reti neurali non sono affatto l’unico approccio all’AI: c’è un altro campo importante nella ricerca dell’intelligenza artificiale che è l’IA simbolica, dove gli algoritmi si basano su regole e conoscenze analoghi al processi che accadono nelle persone fisiche.
Lo scopo dell’intelligenza artificiale simbolica è quello di produrre un’intelligenza generale, molto simile a quella umana e che sia posta all’interna di una macchina. Dunque, non ha come obiettivo quello di cercare una soluzione a dei problemi secondari specifici come fanno tutti i software di oggi.