La maggior parte delle volte, ciò che vede il nostro cervello non corrisponde al mondo reale. Anche il nostro cervello piega inconsciamente la nostra percezione della realtà per soddisfare i nostri desideri o aspettative. E colmano le lacune usando le nostre esperienze passate.
Tutto ciò può pregiudicarci. Le illusioni visive presentano sfide chiare e interessanti per il modo in cui viviamo: come facciamo a sapere cosa è reale? E una volta che conosciamo l’estensione dei limiti del nostro cervello, come possiamo vivere con più umiltà e pensare con maggiore cura alle nostre percezioni?
Le illusioni ci danno la possibilità di rivelare come funzionano. La scienza ci dice che i nostri cervelli stanno inventando una “storia” sulla realtà, non dovremmo essere curiosi e persino cercare le risposte a come quella realtà potrebbe essere sbagliata?
Non si tratta di dubitare di tutto ciò che passa attraverso i nostri sensi. Si tratta di cercare i nostri punti ciechi, con l’obiettivo di diventare pensatori migliori. Può anche aiutare con l’empatia. Quando altre persone percepiscono erroneamente la realtà, potremmo non essere d’accordo con la loro interpretazione, ma possiamo capire da dove viene.
Una sfida per ingannare il cervello
Per affrontare questa sfida, penso che sia utile sapere che il cervello ci racconta storie sulle cose più piccole che percepiamo, come il movimento degli oggetti. Ma ci racconta anche storie su alcune delle cose più complesse a cui pensiamo, creando ipotesi sulle persone basate sulla razza, tra gli altri pregiudizi sociali.
Nel 2019, Cavanagh e i suoi colleghi Sirui Liu, Qing Yu e Peter Tse hanno usato un illusione per sondare come i nostri cervelli generano il movimento diagonale illusorio. Per capirlo, Cavanagh e i suoi colleghi hanno condotto uno studio di neuroimaging che ha confrontato il modo in cui un cervello elabora l’animazione illusoria con il modo in cui elabora un’animazione simile, non illusoria.
Il sistema visivo nella parte posteriore del cervello non sembra ingannato dall’illusione. Ogni animazione produce un diverso modello di attivazione nella corteccia visiva. In altre parole, “il sistema pensa che siano diversi“, dice Cavanagh.