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La decifrazione di antichi manoscritti babilonesi è resa difficile da una serie di ostacoli. La natura frammentaria e imperfetta dei testi su tavolette d’argilla che sono arrivati fino a noi è uno di questi. I ricercatori, tuttavia, hanno creato un’intelligenza artificiale che potrebbe essere in grado di mettere tutto insieme.

L’algoritmo “Fragmentarium” è stato sviluppato nel 2018 da un gruppo di ricercatori dell’Università Ludwig Maximilian in Germania, incaricati della catalogazione digitale degli scritti babilonesi. Il primo tentativo dei ricercatori di interpretare i documenti prevedeva di copiarli su carta e poi cercare di capire quali porzioni appartenessero ad altri; un’operazione lunga e difficile, resa più complicata dall’uso di due sistemi di scrittura distinti (accadico e sumero) nei testi.

Un testo babilonese è stato portato alla luce

Tuttavia, il compito è stato molto semplificato dal database digitalizzato di Fragmentarium, composto da 22.000 tavolette. Il software ha rintracciato un pezzo della tavoletta che conteneva la prima opera scritta conosciuta, l’Epopea di Gilgamesh, nel mese di novembre 2022. Ma in un altro ritrovamento, dovuto all’intelligenza artificiale, il professor Enrique Jiménez ha portato alla luce un inno alla città di Babilonia, come recita quanto segue:

“Il fiume Arahtu, creato da Nudimmud, il signore della saggezza, bagna le pianure, bagna i canneti, versa le sue acque nella laguna e nel mare. È verde e rigoglioso nei suoi campi, i prati brillano di grano fresco; grazie ad esso, il grano si accumula in cumuli e cumuli, l’erba cresce alta per il pascolo del gregge, con ricchezze e splendori adatti all’uomo, tutto è ricoperto di gloriosa abbondanza”.

Il dottor Jiménez ha fatto la seguente osservazione: “La scrittura di questo brano è sorprendente. Dipinge un’immagine vivida della metropoli di Babilonia e dell’arrivo della primavera”. Inoltre, ha detto che finora non erano state scoperte canzoni incentrate sulla città nei testi babilonesi. Jiménez ha stimato che ci sarebbero voluti 30-40 anni per la ricostruzione senza l’assistenza del Fragmentarium.

Duecento accademici di tutto il mondo hanno già usufruito del software, e a partire da febbraio anche chiunque potrà utilizzarlo.

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