La maternità surrogata in Italia coinvolge circa 250 coppie ogni anno, di cui il 90% sono coppie eterosessuali. Le coppie gay che ricorrono a questa pratica sembrano più numerose poiché sono facilmente riconoscibili: con due padri e l’adozione preclusa per le coppie dello stesso sesso, è evidente che i bambini nascano attraverso la maternità surrogata. Le coppie eterosessuali, invece, tendono a nascondere il ricorso a tale pratica, temendo che i loro figli possano essere loro tolti. Tuttavia, finora la giurisprudenza ha sempre sottolineato che il modo in cui un bambino viene concepito non è motivo valido per revocarne l’affidamento.
Fino a poco tempo fa, l’Ucraina era la destinazione preferita per la maternità surrogata, ma la guerra ha cambiato le prospettive. Ora, la Grecia è un’alternativa, sebbene entrambi i paesi non accettino coppie gay. Solitamente, i genitori ritornano da questi paesi con un certificato di nascita che li indica come padre o madre del bambino, senza menzionare le tecniche di concepimento. A Milano, sono state effettuate 38 registrazioni dal 7 luglio
fino alla sospensione, riguardanti principalmente madri che hanno effettuato fecondazione eterologa in paesi in cui è legale, ma anche bambini nati all’estero in paesi che riconoscono l’omogenitorialità. Un terzo delle trascrizioni milanesi (circa 13 su 38) riguarda bambini nati da due padri tramite Gestazione per Altri, incluso anche quelli nati negli anni precedenti che non erano ancora stati trascritti.Infine, c’è la cifra di 150.000 presunti figli in attesa di riconoscimento, che è semplicemente un dato errato. Esso deriva da uno studio del 2005 condotto da Arcigay e patrocinato dall’Istituto Superiore di Sanità, secondo il quale il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni hanno figli. Proiettando questa percentuale sulla popolazione gay e lesbica italiana si ottiene una stima di 100.000 figli, aggiornata a 150.000 di recente. Tuttavia, tale numero indica semplicemente quanti genitori si sono scoperti o dichiarati gay nel corso della loro vita, non quanti sono realmente in attesa di riconoscimenti.