Come abbiamo avuto modo di dire più volte, i buchi neri sono oggetti celesti molto particolari e soprattutto difficilissimi da osservare proprio per la loro intrinseca natura, nel tempo però i progressi nel mondo dell’astronomia hanno consentito di fare passi da gigante in questo campo, culminati poi con l’Event Horizon Telescope che ha permesso di visualizzare l’orizzonte degli eventi dei buchi neri M87 e Sagittarius A.

Sebbene appunti i buchi neri siano enormi e il loro orizzonte degli eventi sia altrettanto grande, visualizzare questi elementi è difficile e i dati presentano de buchi che vengono colmati con gli attuali modelli che vanno ad aggiungere ciò che li dovrebbe necessariamente esserci (ciò che manca viene calcolato).

 

L’immagine di M87 migliorata non è merito di IA

Recentemente ha fatto molto rumore la notizia che la foto scattata a M87 era stata migliorata da un algoritmo di intelligenza artificiale, notizia presente nell’articolo The Image of the M87 Black Hole Reconstructed with PRIMO, uno degli scienziati che hanno partecipato allo studio però, Tod R. Lauer, spiega però che si è creata un po’ di confusione attorno a questa news, infatti ha precisato in che modo è stata ottenuta l’immagine tramite PRIMO (Principal Component Interferometric Modeling).

Lo scienziato spiega che si, l’immagine sembra essere stata resa più nitida e definita, però in realtà non si tratta di un aiuto da un’intelligenza artificiale, bensì di una rielaborazione degli stessi identici sati ricavati nel 2017 senza coinvolgere minimamente Intelligenza Artificialereti neurali o qualcosa di simile.

L’analisi delle componenti principali (chiamata anche PCA) è in qualche modo assimilabile a una tecnica di machine learning (in particolare algoritmo dictionary learning), in generale viene sfruttato per confrontare centinaia di migliaia di simulazioni del disco di accrescimento ad alta risoluzione e dunque scegliere la stima più probabile, ma non si tratta di IA.

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