Un recente licenziamento ha scatenato un vero e proprio terremoto in ByteDance, la società madre di TikTok. Yintao Yu, ex capo del dipartimento di ingegneria di ByteDance negli Stati Uniti, ha portato l’azienda in tribunale con accuse pesanti. Sostiene che la società abbia sottratto materiale da altre piattaforme social e abbia agito come “strumento di propaganda per il Partito Comunista Cinese”.
TikTok: l’amata app di video è davvero sicura?
Secondo l’ex dipendente, una cultura di illegalità permea le operazioni di TikTok, rafforzando le preoccupazioni delle autorità di diversi Paesi, inclusi gli Stati Uniti. Ora, sarà compito del giudice accogliere o respingere queste accuse. Tuttavia, l’azione legale di Yu è solo l’ultimo di una serie di attacchi alla piattaforma, che è da tempo sotto stretta osservazione per dubbi sulla sua trasparenza ed etica.
La denuncia, presentata presso la Corte Superiore di San Francisco, rischia di accelerare l’inevitabile scontro. Yu accusa TikTok di aver lucrato sfruttando la proprietà intellettuale di concorrenti come Instagram e Snapchat. Inoltre, afferma che esiste un “Comitato” a Pechino, composto da membri del Partito Comunista Cinese, incaricati di monitorare come “l’azienda promuove i valori fondamentali del comunismo“. Yu sostiene addirittura l’esistenza di un pulsante capace di disattivare istantaneamente tutte le app di ByteDance.
Secondo Yu, ByteDance ha accesso a tutti i dati degli utenti, incluso quelli archiviati nei server americani. Inoltre, accusa TikTok di aver copiato video e post da Snapchat e Instagram per attirare utenti, e di aver creato numerosi bot per incrementare l’engagement. Ma non finisce qui, perché si pensa che anche l’app Douyin, l’equivalente cinese di TikTok, sia coinvolta. Yu sostiene addirittura che ByteDance avrebbe manipolato l’algoritmo di Douyin per favorire messaggi di odio contro il Giappone e nascondere quelli a sostegno delle proteste.