Il telescopio spaziale James Webb grazie ai propri occhi consente di scoprire dettagli in più in merito all’Universo osservabile, lo strumento infatti consente di guardare in profondità nel tempo e nello spazio grazie alla sua vista ampia nell’infrarosso, spettro della luce che permette di superare coltri di polveri stellari e che dunque offre la possibilità di andare oltre i vari ostacoli altrimenti invalicabili nel visibile.
Tra le varie possibilità c’è anche quella di guardare l’Universo primordiale per studiarlo e capire come esso si è formato ed evoluto, arrivando dunque a interpretare la formazione delle galassie e anche del nostro pianeta.
Nuove risposte sono arrivate grazie ad un recente studio che ha consentito di individuare, all’interno di una galassia lontana, la presenza di molecole organiche, nel dettaglio idrocarburi policiclici aromatici, che ovviamente non sono sinonimo di vita ma certamente sono uno step fondamentale.
JWST e le molecole organiche
Lo studio condotto si intitola Spatial variations in aromatic hydrocarbon emission in a dust-rich galaxy, esso analizza i dati raccolti lo scorso anno sulla galassia SPT0418-47 che si trova a circa 12,3 miliardi di anni luce dalla Terra, la sua emissione dunque è quella di circa 1,5 miliardi di anni dopo il Big Bang, un tempo che cosmologicamente è abbastanza ridotto.
A rendere possibile tutto ciò è stato l’effetto lente gravitazionale offerto da una galassia interposta tra quella in oggetto d’esame e la Terra, che ha reso l’emissione più grande e più luminosa, dunque più facile da vedere di circa un fattore 30.
Non è la prima volta che questa galassia viene osservata, questa volta però gli scienziati, utilizzando lo spettroscopio a media risoluzione di MIRI (MRS) con una lunghezza d’onda di 3,3 μm sono stati in grado di rilevare gli idrocarburi policiclici aromatici con questo redshift.