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Attenzione alle offese su Whatsapp: rischiate di andare in tribunale!

Se, all’interno di un gruppo WhatsApp, durante una conversazione offendete una persona, quest’ultima potrebbe sporgere querela o chiedere un risarcimento danni. C’è però una linea sottile che coinvolge invece una questione giuridica, ma che farebbe la differenza: se le offese su WhatsApp sono ingiuria o diffamazione.

Per prima cosa la diffamazione è un reato punibile con una reclusione fino ad un anno o con una multa. Parliamo di un reato minore per il quale è possibile usufruire della causa di non punibilità della cosiddetta “tenuità del fatto”. Ciò significa che l’imputato potrebbe evitare il processo e la sanzione penale. Tuttavia attenti, resterebbe però la macchia sulla fedina penale e l’obbligo di risarcimento!

L’ingiuria, al contrario, è un illecito civile. Non si può sporgere querela, ma bisognerebbe avviare una causa contro colui che ha commesso il “reato”. Durante il giudizio, la vittima dovrà inoltre dimostrare il danno patito. Successivamente, la sentenza potrebbe portare alla condanna del responsabile o al pagamento di una sanzione da versare allo Stato che va da 100 a 8.000 euro nel caso di ingiuria semplice. Se si parla invece di ingiuria aggravata la sanzione va da 200 a 12.000 euro.

Cosa rischiamo quindi se dovessimo insultare qualcuno su Whatsapp?

Bisogna dunque dapprima capire se su WhatsApp l’offesa è ingiuria o diffamazione. Su tal punto la Cassazione si è più volte pronunciata ed è arrivata a punto fermo (sent. n. 27540 e n. 17563 del 2023).

Il problema, che sancisce l’importante differenza sta nei gruppi WhatsApp dove comunicazione dei messaggi può essere asincrona o sincrona. Questo significa che una persona può scrivere un messaggio quando gli altri partecipanti sono (tutti o in parte) disconnessi. Tuttavia, come potremmo ben intuire, i messaggi potranno benissimo esser letti successivamente. Ergo, una persona può rivolgersi ad un altro membro del gruppo anche quando questo non è “presente”.

Tale aspetto è ciò che fa la differenza: il fatto di indirizzare delle offese a una persona iscritta al gruppo può integrare la diffamazione se essa è membro del gruppo. La decisione finale della Cassazione? Se la vittima è in collegamento nello stesso momento in cui il responsabile digita la frase offensiva, in modo che possa leggere il messaggio in tempo reale, possiamo parlare di ingiuria.

In caso opposto, se la vittima non è connessa nel momento in cui gli insulti vengono inviati, allora si tratta di diffamazione, sempre nel caso in cui alla chat partecipino altre due persone oltre al colpevole e alla vittima. Vale lo stesso principio nel caso di messaggi audio.

Quindi state sempre attenti a ciò che scrivete o dite su Whatsapp se non volete avere problemi legali e passare un “brutto quarto d’ora”!

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Pubblicato da
Rossella Vitale