Prima del lancio avvenuto venerdì scorso della missione lunare Chandrayaan-3, gli scienziati dell’Organizzazione indiana per la ricerca spaziale (Isro) hanno praticato un rito che per noi potrebbe essere insolito: hanno infatti deposto modellini del razzo in un popolare tempio del sud dell’India, per chiedere alle divinità di proteggere l’impresa.
Fino ad ora le divinità sono state a loro favore. Il Chandrayaan-3 (che in sanscrito significa “veicolo lunare”) è partito con esito positivo per il suo viaggio verso il polo sud della Luna, dove dovrebbe approdare circa il 23 agosto. Se tutto andrà come previsto, dal veicolo uscirà un rover che esplorerà per la prima volta questa parte della Luna. Si tratta di un’area di particolare interesse per le agenzie spaziali e le aziende private a causa della presenza di acqua ghiacciata, supporto fondamentale per una futura stazione spaziale.
Karolina Muti, responsabile di ricerca nei programmi “Sicurezza” e “Difesa”, europei ha commentato in merito: “Si sta replicando la competizione geopolitica, anche perché stavolta si va per restare e si vuole creare un’economia lunare”.
La corsa infinita alla Luna
Con questa mossa, il governo indiano di Narendra Modi si unisce ufficialmente alla nuova corsa alla Luna che sta vedendo competere le principali potenze mondiali, secondo un modello che ricalca le rivalità, gli schieramenti e i calcoli della geopolitica terrestre.
Finora, solo l’Unione Sovietica, la Cina e gli Stati Uniti hanno effettuato allunaggi di successo, e solo la Nasa ha inviato astronauti sulla Luna. L’America, assieme ai suoi partner europei, mira a rimandare gli esseri umani sulla Luna prima della fine del decennio, mentre la Cina ha confermato questa settimana di voler portare a termine la sua prima missione lunare con equipaggio entro il 2030. La Russia, che non ha più raggiunto la Luna dalla fine dell’Unione Sovietica, tenterà di inviare una missione robotica il mese prossimo. Anche il Giappone ha in programma una missione senza equipaggio per agosto, dopo la delusione di aprile per lo schianto del lander Hakuto-R.
La missione l’India arriva mentre il Paese fa in contemporanea un passo in avanti per rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti nel settore spaziale, esso infatti negli anni passati si era affidato alla Russia per l’addestramento dei suoi astronauti. Inoltre, l’India sta patteggiando con il Giappone per lavorare insieme ad una missione lunare. Il premier indiano Modi, che è stato a Parigi durante l’ultima missione, è risultato molto esaltato all’idea di poter toccare frontiere spaziali mai visitate prima.
È dal 2008 che l’India cerca di raggiungere la Luna. Il governo ha iniziato a liberalizzare il settore spaziale nel 2020, consentendo così anche alle società private di partecipare. Durante la visita di Stato di Modi a Washington, il mese scorso, l’India ha firmato i cosiddetti Accordi Artemis, sancendo i principi guida di un’esplorazione spaziale pacifica, sicura e sostenibile.
L’infinita gara con la Cina
La Nasa e l’Indian Space Research Organization hanno quindi concordato una missione congiunta. Questa è organizzata per il prossimo anno ed è previsto l’invio di un astronauta indiano alla Stazione Spaziale Internazionale.
Rispetto al passato, la differenza sostanziale è che ora si conta di rimanere sulla luna per un tempo più prolungato. Ciò comporterebbe uno sbalzo simbolico non solo per l’India ma per tutta l’umanità, venendo a creare una vera e propria economia lunare.
Tuttavia, Nuova Delhi per quanto voglia, si trova molto indietro rispetto a Pechino nella corsa allo spazio. L’infrastruttura indiana comprende infatti 25 satelliti di osservazione della terra e circa 30 altri satelliti, un numero molto inferiore alla Cina che alla fine del 2022 contava circa 590 satelliti operativi. I razzi cinesi hanno trasportato più di due dozzine di persone da quando il primo astronauta, Yang Liwei, andò in orbita nel 2003. Mentre per l’India sono passati quasi quarant’anni da quando l’unico suo astronauta (Rakesh Sharma) è andato nello spazio, viaggiando a bordo di un razzo sovietico.
L’Isro tuttavia non ha ancora fissato una data per il volo iniziale del suo programma di volo spaziale, chiamato Gaganyaan. Il progetto è stato descritto come “in fase avanzata”. Firmando gli Accordi di Artemis e convincendo la Nasa ad accettare di inviare un astronauta indiano sulla Iss, Modi potrebbe inoltre raccogliere molti benefici politici.
Chi arriverà per primo?
Gli esperti dubitano che le tempistiche verranno rispettate. La Cina invece ha tutta l’intenzione di superare tutti. Pochi giorni fa infatti la Cnsa ha confermato che Pechino intende completare la prima missione con astronauti sul satellite naturale della Terra entro il 2030.
Il suo progetto è quello di voler costruire una base sulla Luna entro il 2028 e di compiere una missione di allunaggio con equipaggio entro il 2030.
Ciò dimostra ancora una volta che tutti desiderano un pezzo della luna, ma non si sa ancora chi vincerà. Dai dati risulta alla Cina in netto vantaggio, ma non è detto che essa sarà la prima ad assicurarsi la medaglia d’oro. Aspetteremo l’esito con il naso all’insù.