I pannelli solari arrivano nello spazio! Ovviamente una simile tecnologia per riuscire ad affermarsi avrà bisogno di tempo e dovrà superare parecchi ostacoli, ma l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) ormai è ben decisa sul continuare i suoi progetti.

Sono anni che l’Agenzia ribadisce come il solare sarà il futuro per l’elettricità e, a quanto pare, il tempo sta confermando questa idea. Lo scorso anno la generazione fotovoltaica globale è aumentata a tassi record, oltre il 26%, percentuale più alta fra tutte le fonti di energia rinnovabile. Inoltre, secondo le ultime previsioni il solare supererà anche l’eolico e superare entro il 2027 anche il carbone. La tecnologia solare ha i suoi vantaggi, ma non è priva di difetti. I parchi solari consumano parecchio spazio e sono limitati dalla visibilità oltre che dalla posizione del Sole. Inoltre, di notte o con un cielo nuvoloso i pannelli possono anche produrre pochissima energia. O anche non produrne affatto. Per riuscire a rimediare però potrebbe essere nata la soluzione giusta: si chiama space-based solar power (Sbnp) e rivoluzionerà l’idea di elettricità.

I pannelli solari nello spazio

Se i pannelli solari venissero posizionati nello spazio sarebbero perennemente esposti al Sole, così da produrre energia senza limiti, al pari di centrali nucleari e gas. Inoltre, avrebbero tutto lo “spazio” di cui hanno bisogno senza occupare grandi porzioni di terra sul nostro Pianeta.

A livello pratico, il piano consisterebbe nello spedire dei dispositivi fotovoltaici in orbita, circa 36 mila chilometri sopra la Terra. L’energia raccolta verrebbe inviata sul nostro Pianeta grazie ad un fascio di microonde e convertita poi in elettricità dalla stazione ricevente. In questo modo si potrebbe anche minimizzare le perdite durante il trasferimento. La space-based solar power può sembrare fantascienza, ma in realtà è più reale di quello che si può pensare.

Pensandoci, il fotovoltaico è legato allo spazio fin dalle sue origini. Nel 1958, infatti, le forze armate statunitensi fecero montare sei celle solari sul Vanguard 1, il secondo satellite americano lanciato in orbita nello spazio. Ci sono dunque dei precedenti e le centrali solari orbitali sono già realizzabili.

Questo non è il solo esempio a cui possiamo affidarci. Il California institute of technology (Caltech) ha dichiarato di aver trasferito con successo energia solare dallo spazio alla Terra tramite wireless. Questo prototipo è stato chiamato Maple, ha una portata ridotta, ma è la prova che il meccanismo funziona. Ancora, un anno prima, in Cina e nello specifico nella Xidian university era stato testato un nuovo modello capace di convertire in microonde la luce solare catturata per poi trasformarla in elettricità. Anche India e Giappone sono impegnati con questo tipo di studio spaziale. Mentre il programma Solaris dell’Agenzia spaziale europea prevede la messa a punto di un nuovo piano per l’elettrico e il solare entro il 2025.

I problemi legati a questo sistema

Uno dei principali problemi del sistema solare orbitale riguarda le condizioni dello spazio che spesso risultano non molto adatte a un simile impianto poiché ne accelerano il degrado e di conseguenza ne riducono l’efficienza. In poco tempo quindi si dovrebbe provvedere a sostituzioni e manutenzioni frequenti. Però il lancio nello spazio di materiali di questo tipo e di ingegneri che se ne occupino è costoso in termini economici così come per le emissioni visto che i razzi necessari rilasciano ingenti quantità di gas serra.

L’utilizzo di veicoli come il Falcon Heavy di SpaceX e il New Glenn di Blue Origin potrebbe portare ad un risparmio sul numero di invii e di conseguenza sulle spesse. Per il volume delle immissioni invece non è facile poter parlare di stime precise. Anche la produzione stessa dei pannelli può avere la sua impronta carbonica elevata. La fabbricazione di polisilicio, il materiale alla base della manifattura dei pannelli è molto inquinante.

Inoltre, non bisogna trascurare le questioni sulla sicurezza per i pannelli solari. Matteo Ceriotti dell’Università di Glasgow ha messo in evidenza come le microonde per il trasferimento di energia devono essere abbastanza potenti per raggiungere la superficie della Terra e questo potrebbe renderle capaci di danneggiare qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino.

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