Il ragazzo si trovava nella sua camera da letto a Bologna ed era in diretta su TikTok, con migliaia di persone che lo guardavano. Secondo le ultime notizie sembra proprio che fosse vittima di cyberbullismo e che è stata la trappola mediatica in cui era caduto ad averlo spinto a compiere il suo gesto più estremo.
Si chiamava Vincent Plicchi, il 23enne bolognese morto suicida appena qualche settimana fa. Sul suo profilo di TikTok aveva circa 300mila follower e dietro ai suoi video nascondeva invece un grande dolore, causato dal cyberbullismo che continuava a tormentarlo.
Il cyberbullismo, come sappiamo, è quel fenomeno basato su vessazioni, molestie, intimidazioni e violenze indirette perpetuate contro una vittima designata. Secondo le ultime stime, in Italia ogni 11 minuti si registra un suicidio tra giovani e giovanissimi. Basta una sola persona affinché una molestia
si diffonda a macchia d’olio e ben presto la vittima si ritrova caricata da un senso di umiliazione e vergogna che in alcuni casi non riesce a sopportare. Ed è questo quello che è successo a Vincent.Il ragazzo era stato accusato di adescamento e pedofilia. E sono state queste accuse a spingerlo verso il suicidio. La scelta di porre fine alla propria vita in diretta, sotto lo sguardo di milioni di persone, mostra in un certo senso l’impossibilità di connettersi a queste, condizionato da quelle accuse che lo stavano schiacciando. Mentre stava avvenendo il suicidio, moltissime persone hanno provato a soccorrere la vittima con telefonate via social, ma purtroppo sono state vane.
Un suicidio è doloroso per tutti, a maggior ragione in casi come questo dove vi si assiste in prima persona. Per questo motivo è importante lavorare, preventivamente, per impedire che questo evento possa essere causa di ulteriori fenomeni di questo tipo tra altri adolescenti. Purtroppo, non è stato possibile salvare Vincent, ma c’è ancora tanto che genitori, scuole e governi possono fare per aiutare i nostri ragazzi e non lasciarli soli nel loro isolamento e dolore.