Le numerose esplorazioni e i continui studi riguardo il fondale dell’oceano mappato hanno portato ad una conoscenza abbastanza ampio delle acque del nostro Pianeta, eppure non è abbastanza. Il fondale oceanico è ancora un mistero ed è compreso di vaste aree che ancora non sono state scoperte ed esplorate. Per riuscire però a capire la portata del fenomeno dobbiamo prima comprendere cosa si intende con “esplorare”.
Sicuramente il primo passo dell’esplorazione comprende la mappatura, ovvero il fenomeno che permette di tracciare la forma stessa del fondale marino. Secondo il geoscientista presso la Columbia University, Vicki Ferrini, la zona di oceano mappata, fino a metà 2023, è circa un quarto del fondale totale. La mappatura è effettuata con dati ad alta risoluzione, ma non è ancora completa. Lo stesso Ferrini afferma che è assurdo pensare che l’umanità non è ancora stata ancora in grado di compiere una mappatura completa del mondo.
Quanto oceano abbiamo mappato?
La mappatura del fondale oceanico viene realizzata soprattutto tramite sonar, ovvero una tecnica di rilevamento che utilizza le onde sonore per misurare il tempo che impiegano a rimbalzare e tornare indietro. In alcune zone più basse, invece, gli scienziati utilizzano satelliti e anche tecniche come quella del lidar, ovvero una misurazione che si basa sulla misurazione tramite laser.
Ci sono però dei casi in cui i dettagli sono limitati, anche quando si parla di località dotate di dati ad alta risoluzione. Questi dati sono limitati, soprattutto se confrontati con il livello di dettaglio che invece abbiamo per le mappe delle terre emerse. Ferrini, fa parte di un progetto denominato Seabed 2030. Questo mira a realizzare una mappa completa di tutto il fondale oceanico entro il 2030.
La mappatura da sola però non può offrirci concretamente delle informazioni complete e ci sono ancora dettagli delle profondità oceaniche che ci vengono preclusi. Per poter ottenere queste informazioni potrebbe essere necessario passare ad un livello successivo del processo di esplorazione, ovvero osservare direttamente il fondale mappato. Ricercatori e droni subacquei sono già impegnati nell’esplorazione dei fondali, ma la percentuale osservata è ancora abbastanza bassa rispetto ala vastità di tutto il fondale del nostro Pianeta. Ferrini afferma che è importante poter osservare e studiare ciò che c’è sul fondo dell’oceano perché quest’ultimo è ciò che sostiene la vita dell’umanità intera e quindi è necessario conoscerlo per poter gestire al meglio le sue risorse.