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Scoperto Argoland, il continente perduto da 150 milioni di anni

Circa 155 milioni di anni fa, un’enorme porzione di terreno, battezzata come Argoland, si separò dall’Australia Occidentale. Questo antico fenomeno ha incantato i geologi per secoli, divenendo un mistero impossibile da risolvere. Finalmente, con le ultime scoperte, possiamo finalmente svelare la storia questo frammento del nostro pianeta.

Il Continente, che un tempo si estendeva per ben 5.000 chilometri, non è completamente scomparso. I suoi pezzi, anche se sparpagliati e ben nascosti, sono tutt’ora presenti. Sfruttando la mappatura del fondale nella Piana Abissale di Argo, ovvero la cicatrice oceanica lasciata dal distacco di Argoland, i geologi hanno compreso che il Continente è migrato verso nord-ovest, magari facendo tappa anche da qualche parte tra le isole del Sudest Asiatico.

Argoland era davvero un continente?

Contrariamente a quanto si pensava inizialmente, al di sotto di queste isole non vi è nascosto alcun continente. Ciò che i geologi hanno trovato sono stati soltanto dei frammenti piccoli di ciò che era un tempo Argoland. In realtà, i ricercatori dell’Università di Utrecht, sono arrivati alla conclusione che esso non è mai stato un continente unico, ma aveva già iniziato a spaccarsi ben 300 milioni di anni fa

, andando a creare quello che gli scienziati definiscono come Argopelago.

I pezzi del “non continente” sono situati sotto il Mynamar e l’Indonesia. I ricercatori hanno impiegato ben 7 anni della loro vita per arrivare a queste conclusioni. Anche se vi hanno messo così tanto tempo, per i geologi comprendere come si siano formati e perduti i continenti è un oggetto di studio affascinante è fondamentale.

Le ricostruzioni sono infatti di grande importanza per comprendere come la biodiversità e il clima si siano evoluti negli anni e anche per conoscere la posizione delle materie prime. Inoltre, questo tipo di studio permette anche di capire quali forze ci siano alla base del fenomeno tettonico e quello delle placche.

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Pubblicato da
Rossella Vitale