È già da un po’ che i produttori di pannelli OLED stanno cercando di correre ai ripari perseguitati dalla leggenda del burn-in. I produttori si stanno impegnando per sviluppare schermi che possano essere sempre più longevi, aiutati da una completa maturità di questi e non solo. Infatti, a giocare un ruolo importantissimo sono anche le diverse tecnologie che sono state utilizzate per riuscire a “pulire” lo schermo dopo il suo utilizzo. Ebbene sì, il burn-in non è solo una leggenda metropolitana e inoltre, consiste ancora oggi in un problema presente e reale.
Infatti, nonostante gli interventi messi in atto per riuscire a contrastare questo fenomeno il burn-in non è ancora diventato un lontano ricordo. Se si intende acquistare un OLED bisogna dunque mettere in conto questa eventualità, anche se col tempo sta diventando sempre più remota.
Ma in cosa consiste il burn-in e cosa lo provoca? Si parla della ritenzione dell’immagine che avviene sullo schermo è si realizza a soprattutto a causa di un’eccessiva usura di alcuni specifici subpixel.
Inoltre, un ulteriore fattore decisamente importante è la luminosità massima. È per questo che i produttori, tra i diversi provvedimenti apportati, hanno inserito anche un limite per la luminosità massima che si può raggiungere. Questa al momento è stata attestata circa intorno al 70%. L’intervento non incide eccessivamente sull’esperienza totale di visione, grazie soprattutto alla presenza di alcuni sistemi che negli anni sono riusciti a contribuire ad aumentare la luminanza.Inoltre, per i nuovi schermi più recenti, è stata introdotta anche una funzionalità fornita dai cosiddetti cicli di compensazione. La funzione viene attivata in modo automatico dagli schermi stessi e agisce cercando di riequilibrare i livelli di luminosità dei diversi pixel al fine di garantire un deterioramento dello schermo più uniforme possibile.
Infine, un altro fattore che contribuisce a perpetuare questo fenomeno è il calore. Non a caso, sono sempre di più i brand che stanno iniziando a pubblicizzare la capacità dei propri pannelli di dissipazione. Molti di questi ormai hanno raggiunto livelli di dispersione del calore estremamente elevati. E soprattutto, dettaglio fondamentale, riescono a farlo in modo uniforme su tutta la superficie del dispositivo.