Lo studio pubblicato sulla rivista “Psychological Science“, intitolato “AI Hyperrealism: Why AI Faces Are Perceived as More Real Than Human Ones,” ha rivelato che i volti generati dalle intelligenze artificiali generative, in particolare quelli raffiguranti individui bianchi, sono percepiti come più reali rispetto alle fotografie reali di volti umani. I ricercatori di vari atenei australiani e britannici hanno contribuito allo studio, coniando il termine “hyperrealism” per descrivere questo fenomeno.
Lo studio sull’iperrealismo e la confusione tra i volti
Nel corso degli esperimenti, ai partecipanti è stato presentato un set di 100 immagini di visi bianchi generati dall’IA e 100 immagini reali, chiedendo loro di identificare quali fossero vere e con quale grado di sicurezza fornita nelle risposte. Gli esperimenti sono stati condotti utilizzando fotografie reali e immagini sintetiche, queste ultime ottenute tramite lo strumento di generazione di immagini StyleGAN2 di Nvidia, noto per la creazione di volti realistici attraverso la sintesi delle immagini.
Dai risultati emersi, il 66% dei volti generati dall’IA sono stati scambiati per volti umani, in confronto al 51% dei volti reali. Tuttavia, questa tendenza non si è stata altrettanto convincente nelle immagini di persone di colore, in cui i volti generati dall’IA e quelli reali sono stati giudicati umani in circa lo stesso numero di casi. Questa disparità potrebbe essere attribuita al fatto che i modelli di intelligenza artificiale sono prevalentemente addestrati a lavorare su immagini di individui bianchi, sottolineando un elemento di faziosità che è piuttosto comune nelle pratiche di machine learning.
I ricercatori hanno condotto un secondo esperimento coinvolgendo 610 adulti, chiedendo loro di valutare una serie di caratteristiche presenti in volti sintetici e reali, senza rivelare però che alcuni di queste facce erano artificiali. L’analisi delle risposte indica che i volti considerati più “nella media” sono stati giudicati i più verosimili. Inoltre, lo studio ha rilevato che i partecipanti che hanno commesso più errori nell’identificare i volti sono risultati anche più sicuri nei propri giudizi, riflettendo le dinamiche dell’effetto Dunning-Kruger, in cui si tende a sovrastimare le proprie capacità quando si è meno competenti o informati su un dato argomento.
Un rischio concreto
Lo studio solleva diverse preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda la facilità con cui è possibile condurre frodi, furti di identità e truffe in generale, data la comune difficoltà nel riconoscere volti artificiali. In secondo luogo, emerge il persistente problema della perpetuazione di pregiudizi e bias sociali nei modelli di intelligenza artificiale, che possono facilmente associare determinati tratti razziali alla percezione di “umanità”. Questo rappresenta una sfida difficile da correggere, e probabilmente richiede un maggior livello di inclusione tra gli esperti del settore.