Il tempo, spesso considerato un guaritore, non ha lenito la ferita causata da questa proposta, e il 2024 sembra destinato a riaprire una piaga che molti sembrano aver dimenticato, ma che in realtà non è mai stata curata. È importante fare un breve riepilogo delle vicende precedenti per comprendere appieno la situazione.
Chi ricorda l’episodio dell’aggiornamento Istat delle tariffe telefoniche proposto da WindTre e TIM? Aumenti contrattualmente stabiliti nel 2022, che entreranno in vigore il prossimo 1 gennaio, sembrano essere un déjà vu di quanto accaduto in passato. WindTre ha fissato un aumento minimo del 5%, nonostante un tasso di inflazione più basso, mentre TIM ha introdotto un arbitrario 3,5% sul tasso Istat. Questi incrementi, operativi solo per i nuovi contratti, diventeranno effettivi nel 2024, quando sarà calcolato il tasso di inflazione del 2023. Molti scopriranno a proprie spese di aver implicitamente accettato aumenti costanti cambiando tariffa con questi operatori.
Vodafone si distingue, evitando l’indicizzazione Istat ma introducendo tariffe con “aumenti programmati” per le utenze business. Questo approccio, pur limitato alle utenze business, è una novità creativa che ha suscitato l’attenzione del pubblico. Vodafone si svincola dall’Istat e dagli “spread”, optando per l’arbitrarietà totale. Gli aumenti programmati, già inclusi nei nuovi contratti business, si attiveranno a 12 e 24 mesi dalla sottoscrizione, con incrementi che possono arrivare al 10%. L’accettazione di queste condizioni diventa una scelta implicita, senza diritto di recesso secondo Vodafone.
Inoltre, la pratica discutibile del “doppio SMS” introdotta da WindTre nel 2022, che proponeva un aumento unilaterale seguito da un secondo SMS dando la possibilità di rimanere alle condizioni tariffarie precedenti con l’invio dell’SMS “OPTIN”, è stata oggetto di un’istruttoria dell’Authority Antitrust. Sebbene l’AGCM abbia confermato l’irregolarità della pratica, WindTre ha apportato modifiche al meccanismo, impegnandosi a informare gli utenti in modo più trasparente.
L’AGCOM, nel frattempo, ha affrontato la questione Istat con la proposta di un nuovo regolamento per la sottoscrizione dei contratti di telecomunicazioni. L’articolo 8-quater di questo regolamento richiede una chiara accettazione scritta da parte dell’utente, l’uso di un indice di aumento dei prezzi al consumo oggettivo stabilito da un ente pubblico, e la comunicazione dell’aumento almeno un mese prima dell’applicazione. Nonostante il meritorio sforzo dell’AGCOM, i primi aumenti dovrebbero comunque verificarsi nel 2024.
In conclusione, nonostante i tentativi di regolamentare la pratica degli aumenti legati all’Istat, sembra che molti utenti si troveranno ad affrontare incrementi nonostante possano non essere a conoscenza delle condizioni contrattuali. Resta da vedere se, nel futuro, si riuscirà a evitare nuove invenzioni delle compagnie telefoniche che possano sfruttare la trasparenza tariffaria e la fedeltà degli utenti a fini pubblicitari.