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Celle solari in seleniuro di stagno efficienti al 36,45%

Le celle solari basate sul silicio rappresentano attualmente il prodotto fotovoltaico più efficiente disponibile sul mercato, sebbene non siano la soluzione più economica. Al fine di inaugurare una nuova era di costi più bassi, una considerevole parte della ricerca nel settore sta esplorando semiconduttori innovativi che possano non solo ridurre ulteriormente i costi, ma anche liberarsi dalla tradizionale catena di approvvigionamento. Una delle alternative attualmente in fase di studio sono le celle solari a base di seleniuro di stagno (SnSe). Vediamo insieme in cosa consiste questa alternativa che promette di essere più economica.

Le celle solari in seleniuro di stagno

Il seleniuro di stagno presenta un elevato coefficiente di assorbimento nella regione visibile, anche con uno spessore minimo di soli 300 nm, e mostra una conduttività elettrica di tipo p intrinseca. Tutte queste caratteristiche si adattano bene ai dispositivi fotovoltaici a film sottile. Inoltre, è composto da elementi ritenuti comuni e soprattutto facilmente reperibili. Il principale ostacolo però alla diffusione del seleniuro è rappresentato dalla bassa efficienza sperimentale delle celle solari a base di SnSe, che si attesta mediamente al di sotto

del 7%, nonostante un’efficienza massima teorica del 32%.

Per offrire nuove prospettive alle celle solari in seleniuro di stagno, un gruppo di ingegneri presso l’Università di Rajshahi, in Bangladesh, ha proposto una modifica al design. Il dispositivo sviluppato nel Laboratorio di Energia Solare prevede l’introduzione di un secondo assorbitore accanto al SnSe: uno strato sottile (0,2 micrometri) di seleniuro di rame indio, abbreviato con l’acronimo inglese “CIS“, che funge da potenziatore di corrente.

La parte superiore del seleniuro di stagno entra in contatto con uno strato finestra di solfuro di cadmio (CdS) di tipo n, spesso solo 0,1 micrometri, in grado di mitigare l’assorbimento parassitario. Nel frattempo, il CIS è in contatto con uno strato di campo superficiale posteriore composto da diseleniuro di tungsteno (WSe2). Le simulazioni di laboratorio hanno dimostrato che la nuova cella solare raggiunge un’efficienza di conversione del 36,45%, con una corrente di cortocircuito di 42,54 mA/cm2. Nonostante la strada da percorrere prima di poter parlare di applicazioni pratiche sia ancora lunga, i risultati indicano un elevato e promettente potenziale per lo sviluppo futuro.

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Pubblicato da
Margareth Galletta