L’esplorazione spaziale ha rappresentato un’avventura entusiasmante, ma anche pericolosa, fin dagli albori. Un dato che potrebbe sorprendere molti è che ben 18 individui hanno perso la vita nello spazio, di cui 14 erano astronauti della NASA. Queste tragedie si sono verificate durante diverse fasi delle missioni spaziali: durante la preparazione a terra (Apollo 1), al momento del decollo (Challenger) e al rientro (Columbia).
Esplorare lo spazio è un’impresa avvincente, ma ciò comporta inevitabilmente rischi significativi. Con la prospettiva di future missioni spaziali, la comunità scientifica è chiamata a considerare attentamente gli scenari in cui gli astronauti potrebbero perdere la vita.
Morire nello spazio
A differenza delle tragedie terrestri, morire nello spazio introduce sfide complesse. Attualmente, non esiste un protocollo ufficiale consolidato su come affrontare la morte di un astronauta nello spazio. Nonostante ciò, le principali agenzie spaziali globali stanno già formulando strategie per gestire tale eventualità. Un punto cruciale è il recupero del corpo, ma questa opzione è praticabile solo per le missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Le navicelle spaziali destinate a missioni già cariche di equipaggio non potrebbero accomodare una salma. Inoltre, in alcuni casi, il rischio di contaminazione per gli altri astronauti sarebbe estremamente elevato.
In tali circostanze, gli altri membri dell’equipaggio dovrebbero riportare la salma nell’airlock, mantenendola nella zona più fredda dell’ISS, in attesa di un possibile ritorno sulla Terra. Se si ipotizza, invece, la morte di un astronauta durante una missione su Marte, un viaggio di almeno tre anni andata e ritorno renderebbe impraticabile un funerale immediato sulla Terra.
Se l’astronauta si trovasse all’esterno della ISS o si staccasse dalla stazione, il suo corpo continuerebbe a seguire l’orbita della struttura, eventualmente rientrando nell’atmosfera terrestre e disintegrandosi nel processo.
Una soluzione alternativa potrebbe essere la cremazione del corpo direttamente nello spazio. Nel 2015, la NASA commissionò a un’agenzia svedese un progetto per un funerale “ecologico“. Il processo coinvolge il congelamento del corpo seguito dalla cremazione, creando minuscoli frammenti di cenere ghiacciata che potrebbero essere riportati sulla Terra.
Questi scenari, al di là della loro macabra realtà, evidenziano la complessità e la delicatezza delle questioni connesse all’esplorazione spaziale umana, sottolineando la necessità di un approccio etico e pratico alla gestione della morte nello spazio, da parte della comunità scientifica e delle agenzie spaziali coinvolte.