I test condotti finora hanno dimostrato la stabilità delle batterie atomiche sviluppate da Betavolt, capaci di generare fino a 100 microwatt di potenza e una tensione di 3 volt. La tecnologia impiegata prevede l’inserimento di un foglio di nichel-63 tra due semiconduttori in diamante ad alta resistenza. Questi semiconduttori trasformano l’energia generata dal decadimento radioattivo in corrente elettrica utilizzabile, aprendo la strada a un nuovo modo di concepire l’alimentazione dei dispositivi mobili.
Le batterie atomiche presentano una serie di vantaggi notevoli rispetto alle tradizionali celle elettrochimiche. Il più evidente di questi è l’incredibile aumento della durata di vita, poiché il concetto di “cicli di carica” diventa irrilevante. L’usura di queste batterie non è legata al numero di cariche, ma al decadimento dell’elemento arricchito. Inoltre, essendo modulari, le unità possono essere combinate per creare batterie di dimensioni e capacità diverse, fornendo una flessibilità senza precedenti.
Le dimensioni dei dispositivi Betavolt sono notevolmente compatte, presentandosi come un rettangolo di 15x15x5 millimetri cubi. La prima serie può essere collegata per amplificare la potenza e resistere a condizioni ambientali estreme, mantenendo al contempo la stabilità operativa. L’azienda sostiene che le sue batterie possono funzionare in un ampio intervallo di temperature
, comprese tra -60 e 120 gradi Celsius, rendendole adatte a una vasta gamma di applicazioni.Un aspetto cruciale della nuova tecnologia è la sicurezza. Betavolt assicura che le batterie atomiche non comportano rischi per la salute umana, in quanto non emettono radiazioni e la loro architettura a strati previene possibili incendi. Queste caratteristiche rendono le batterie adatte non solo per smartphone, droni e micro–robot, ma anche per applicazioni mediche come l’alimentazione di pacemaker, cuori artificiali e apparecchi acustici.
Un punto da non sottovalutare è la gestione dello smaltimento delle batterie atomiche. Gli isotopi delle celle decadono nel corso di un secolo, trasformandosi in un isotopo stabile di rame, eliminando così il rischio di contaminazione ambientale. Questo rappresenta un notevole progresso rispetto alle batterie al litio, comunemente utilizzate nei dispositivi tecnologici, che richiedono un riciclo complesso per evitare l’inquinamento del suolo e dell’acqua.
La prospettiva di utilizzare batterie atomiche o basate su radioisotopi non è nuova e ha una storia che risale al ventesimo secolo, grazie ai progressi dello scienziato Henry Moseley, ma solo recentemente la tecnologia ha raggiunto una fase in cui diventa praticabile su larga scala. La visione di sfruttare questa tecnologia per dispositivi commerciali è un sogno che ha iniziato ad avverarsi, aprendo nuove prospettive nel campo dell’energia e della sostenibilità.