Green, membro del Nuclear Consulting Group e ex redattore della newsletter Nuclear Monitor, ha pubblicato un articolo critico dal titolo “Small modular reactors: a history of failure” su Climate & Capital Media. Nell’articolo, Green mette in discussione la validità degli SMR, sottolineando che nessun reattore di questo tipo è mai stato costruito, e probabilmente mai lo sarà. Motivo principale di questo scetticismo sono i costi proibitivi associati.
La tecnologia SMR prevede la costruzione di reattori di potenza inferiore a 300 MW, assemblati in fabbrica con diversi moduli
anziché con cantieri di grandi dimensioni. Nonostante l’entusiasmo generato dalle presunte maggiori flessibilità costruttive, Green sottolinea che la maggior parte dei piccoli reattori costruiti negli ultimi decenni sono stati chiusi. Inoltre, nessuno di essi rientra nella definizione effettiva di SMR.Per avvalorare la sua tesi, nel suo articolo, Green cita casi di fallimenti, come quello di NuScale, la prima società ad ottenere l’approvazione del Dipartimento dell’Energia americano per un progetto SMR, che ha cancellato i piani per la costruzione di una centrale commerciale a causa degli aumenti dei costi. Allo stesso modo, Generation mPower, una joint venture di Babcock & Wilcox e Bechtelche, ha abbandonato il suo progetto SMR nonostante i finanziamenti ottenuti dal Dipartimento dell’Energia americano.
Dunque, Green solleva parecchi dubbi sulla sostenibilità degli SMR. L’attivista nucleare crede che pochissimi progetti SMR raggiungeranno la fase di costruzione e che la possibilità che raggiungano un gran numero è da escludere. Il suo articolo solleva quindi anche diversi interrogativi sul motivo per cui gli investimenti governativi continuino ad essere indirizzati verso questa tecnologia. Soprattutto considerando le sfide tecniche e i costi estremi siano ben noti e ampiamente riportati da anni.