La convergenza tra cognizione e robotica sta aprendo nuovi orizzonti nella ricerca scientifica, dando vita a un campo emergente noto come “cognetica“. Antonio Cerasa, neuroscienziato presso il CNR, sottolinea come questa fusione possa potenzialmente migliorare l’intelligenza umana. L’origine di queste idee risale agli anni Settanta, quando la fantascienza cominciò a esplorare il concetto dell’uomo bionico, come evidenziato nel romanzo di Martin Caidin e nella serie televisiva “L’uomo da sei milioni di dollari“.
Oggi, a quasi cinquant’anni di distanza, tali ipotesi stanno trovando riscontri concreti in diverse ricerche. Il Centro Gallucci di Padova è al lavoro su un prototipo di cuore artificiale italiano, che si distinguerà per la sua durata eccezionale di 20 anni, le dimensioni ridotte a soli 8 centimetri e l’innovativo sistema di trasmissione transdermica dell’energia. Questo rappresenta un passo avanti significativo nella realizzazione di organi artificiali avanzati.
La realizzazione dell’uomo bionico
La cognetica, termine coniato dal neuroscienziato Giulio Rognini, combina le neuroscienze cognitive della consapevolezza corporea con la ricerca robotica industriale. Questo approccio mira a studiare, controllare e migliorare la percezione e la cognizione umana, aprendo la strada a un’evoluzione dell’uomo verso una forma di intelligenza superiore. Antonio Cerasa sottolinea che la cognetica non mira solo a creare un “uomo bionico”, ma piuttosto a potenziare l’intelligenza umana, contrastando l’idea dell’uomo passivo che delega tutto all’intelligenza artificiale.
Il focus della ricerca si sposta poi verso il cervello, dove la neuroscienza, ispirandosi alla robotica industriale e all’iperstimolazione sensoriale, sta provando a potenziare l’intelligenza umana. Le interfacce aptiche e i dispositivi indossabili giocano un ruolo chiave, amplificando i segnali sensoriali e motori per migliorare la percezione corporea e la coscienza. Progetti come Neuralink di Elon Musk, che utilizza chip impiantabili per leggere le onde cerebrali, o il progetto “Wolverine” di Google, focalizzato sul miglioramento dell’udito umano attraverso dispositivi indossabili, dimostrano come la tecnologia stia avanzando rapidamente in questo settore.
Le sperimentazioni non si limitano solo a cuore e cervello, ma si estendono ad altre parti del corpo. Ad esempio, al Politecnico di Torino, si sta sviluppando un naso elettronico in grado di rilevare patologie analizzando i gas presenti nel respiro umano. Allo stesso modo, un chip realizzato da un team di ricerca guidato da Francesca Santoro potrebbe migliorare l’efficacia degli impianti retinici, aprendo la strada a nuove possibilità nel campo della vista artificiale.
I dispositivi robotici indossabili, le interfacce aptiche e altre tecnologie emergenti potrebbero contribuire a sviluppare una forma di super intelligenza, aprendo nuove prospettive per il futuro dell’umanità.