Negli ultimi tempi, la discussione sull’energia nucleare ha riacquistato slancio in Italia, alimentata dalla consapevolezza della nostra dipendenza da fonti energetiche esterne.
A gettare nuova luce sulla questione è stato il vice premier Matteo Salvini, il quale, per superare le paure legate a incidenti passati come Chernobyl, ha proposto l’idea di “nucleare pulito”. Questa prospettiva, semplificata al massimo, si basa sulla fusione nucleare. Una tecnologia per ora ancora in fase sperimentale e che promette di essere a scorie zero e molto più sicura. Tra le proposte che emergono, spicca il progetto Ignitor, elaborato dal professore Bruno Coppi del MIT di Boston, un esperto di risonanza internazionale.
Ignitor: La seconda via per un un’ energia più pulita
Il progetto Ignitor per l’ energia pulita, si propone come una soluzione alternativa e più rapida rispetto al colossale ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), costoso ben 65 miliardi di euro, con risultati previsti solo intorno al 2050.
Coppi sostiene che Ignitor richieda un investimento significativamente inferiore, stimato tra 100 e 150 milioni di euro, e che l’Italia abbia tutte le competenze e le risorse per realizzarlo in casa.
Il sito scelto per la sua potenziale implementazione è Caorso, una località che ospitava già una centrale nucleare chiusa negli anni Novanta. Il punto chiave di Ignitor è la sua dimensione ridotta rispetto a ITER, offrendo un approccio più pratico ed economico.
L’Appello alle istituzioni e la sfida politica per Ignitor
Nonostante l’interesse suscitato a livello internazionale e il supporto delle imprese private in Regno Unito, Germania e Stati Uniti, Ignitor sembra non godere di un sostegno adeguato in Italia. Coppi si rivolge alle istituzioni, sollecitando un investimento che consentirebbe di realizzare Ignitor e di mettere l’Italia in prima linea nella ricerca sulla fusione nucleare. La politica italiana si trova ora di fronte a una decisione cruciale.
Ovvero accogliere Ignitor come una prospettiva di energia pulita a breve termine o continuare a investire in progetti a lungo termine, come ITER, con tempi e costi più elevati.