Le celle solari a punti quantici, o “quantum dots” (QD), hanno fatto la loro comparsa nel panorama scientifico nel lontano 1989, ma è stato solo dopo undici anni che sono diventate un’unità funzionale. Nonostante le promettenti aspettative sin dal 2001, il loro sviluppo ha conosciuto recentemente un significativo avanzamento grazie all’Istituto Nazionale di Scienza e Tecnologia di Ulsan (UNIST) in Corea del Sud. Guidati dal Professor Sung-Yeon Jang, un gruppo di ingegneri ha raggiunto un record mondiale di efficienza del 18,1%, precedentemente annunciato nel 2022 e ora documentato in un dettagliato studio pubblicato su Nature Energy.
Le celle solari a punti quantici sfruttano minuscole sfere di materiale semiconduttore, con dimensioni di soli 2-10 miliardesimi di metro di diametro, per creare dispositivi fotovoltaici. La loro caratteristica distintiva è la capacità di variare la grandezza dei punti quantici, consentendo una sintonizzazione precisa per rispondere a diverse lunghezze d’onda della luce. Questo significa che possono essere adattati per assorbire la luce in una specifica porzione dello spettro, offrendo un notevole controllo sulla resa energetica.
Un vantaggio chiave dei quantum dots è la loro capacità di aumentare l’efficienza di conversione della luce solare in energia. Grazie alla possibilità di generare più di una coppia elettrone-lacuna per ogni fotone incidente, conosciuto come “generazione di eccitoni multipli” (MEG), potrebbero addirittura raddoppiare l’efficienza in alcuni dispositivi. Questo contrasta con le attuali celle solari, che producono solo un eccitone per fotone incidente. Secondo il National Renewable Energy Laboratory
(NREL) degli Stati Uniti, il fotovoltaico quantum dots potrebbe raggiungere efficienze di conversione massime teoriche doppie rispetto al solare convenzionale: fino al 66%, rispetto al 31% delle celle di prima e seconda generazione.Nonostante questi progressi entusiasmanti, la tecnologia delle celle solari quantum dots è ancora relativamente nuova e deve affrontare sfide significative prima di diventare una soluzione competitiva rispetto al silicio cristallino, che attualmente domina il mercato. Gli scienziati devono ancora imparare a dividere gli eccitoni creati e raccogliere i portatori di carica risultanti con elevata efficienza. Sebbene alcune piccole aziende, come UbiQD con le finestre fotovoltaiche QD, abbiano introdotto prodotti di nicchia, la tecnologia deve ancora superare diversi ostacoli prima di diventare appetibile per il commercio di massa.
Il lavoro del team dell’UNIST, tuttavia, segna un passo significativo avanti. Utilizzando una perovskite organica per i punti quantici e sviluppando un nuovo metodo per ancorarli al substrato, sono riusciti a ottenere un’efficienza del 18,1%, conferendo alle nuove celle una stabilità notevole. Sottoposte a test, queste celle hanno mantenuto la loro efficienza di conversione iniziale per 1.200 ore in condizioni normali e per 300 ore a una temperatura di 80°C.
Il risultato ottenuto dall’UNIST rappresenta un notevole progresso nell’ambito delle celle solari a punti quantici. La strada verso l’adozione su larga scala però richiederà ulteriori ricerche e sviluppi per superare le sfide tecniche ancora aperte. L’entusiasmante prospettiva di una maggiore efficienza energetica e di nuove possibilità nel campo delle energie rinnovabili rende questa tecnologia un interessante argomento di studio e sviluppo per il futuro.