Negli anni ’70, la NASA intraprese una missione pionieristica inviando due lander Viking sulla superficie di Marte, dotati di strumenti avanzati che avrebbero condotto esperimenti senza precedenti su un pianeta alieno. I risultati di tali esperimenti, allora confusi e ancora oggi oggetto di dibattito, sollevano interrogativi sulla nostra comprensione dell’ambiente marziano e sulle metodologie adottate.
In quegli anni, la conoscenza scientifica dell’ambiente marziano era estremamente limitata. Queste carenze potrebbero presumibilmente aver creato gravi danni all’intero ecosistema di Marte. Infatti, come abbiamo annunciato, l’esperimento si basava sul versare acqua sulla superfice di Marte, seguendo quella che era la logica dominante che vedeva l’acqua come elemento fondamentale per lo sviluppo della vita. Aggiungendo acqua si credeva dunque di creare condizioni favorevoli per la vita su Marte, un pianeta che invece risulta estremamente secco. Oggi invece sappiamo che questo concetto potrebbe avere una validità alquanto dubbia, portando molti a chiedere se tutto ciò abbia a che fare con l’assenza di forme di vita sul pianeta alieno.
Forme di vita su Marte?
Per poter comprendere davvero cosa è stato fatto, bisogna prima di tutto considerare l’analisi di microbi. Questi organismi sopravvivono grazie a un processo chiamato igroscopicità, attraverso il quale estraggono l’acqua direttamente dall’umidità dell’aria.
Proprio per questo, ci si è chiesti quale sarebbero le conseguenze del versare acqua su questi microbi marziani. La risposta, in termini tecnici, sarebbe l’iperidratazione, ovvero un processo che potrebbe risultare letale per questi organismi. Analogamente, gli esperimenti Viking, come accennato, coinvolgevano l’applicazione di acqua ai campioni di suolo marziano. Questo è un elemento chiave che potrebbe spiegare i risultati apparentemente negativi nelle ricerche di vita microbica.
Per riuscire a comprenderne il perché basta pensare ad un esempio molto semplice, ma estremamente interessante. Immaginiamo un’astronave aliena che trova un essereumano debilitato nel deserto, gli alieni, credendo che l’acqua sia essenziale per la vita umana, potrebbero decidere di immergere l’individuo in mezzo all’oceano per salvarlo. Un tentativo del genere, così come l’applicazione indiscriminata di acqua su Marte, potrebbe risultare inefficace o persino dannoso.
Dunque, l’approccio degli esperimenti della NASA, sebbene intrapreso con il meglio delle intenzioni, potrebbe non aver considerato adeguatamente le condizioni ambientali marziane e i limiti di adattamento dei potenziali microbi. L’ipotesi che l’acqua abbia giocato un ruolo cruciale nei risultati negativi sulle forme di vita sul pianeta apre la strada a ulteriori riflessioni sulla ricerca di vita su Marte.