Il Piracy Shield, strumento voluto fortemente da AGCOM e attivato lo scorso dicembre, ha l’obiettivo di combattere lo streaming illegale. Non tutti condividono l’entusiasmo per questa soluzione, e recentemente AirVPN ha annunciato la sospensione della sua attività per i residenti in Italia a partire dal 19 febbraio. La società di servizi di Virtual Private Network ha citato requisiti troppo onerosi, sia dal punto di vista economico che tecnico, e incompatibilità con la propria missione.
Sfida tra Piracy Shield e VPN
Il problema principale riguarda le condizioni imposte dal Piracy Shield. Il quadro normativo obbliga gli operatori a interrompere l’accesso alle trasmissioni mediante il blocco di IP e DNS, definiti da soggetti privati autorizzati da AGCOM, come Sky e DAZN. Questa situazione solleva preoccupazioni, in quanto manca un controllo giurisdizionale e il blocco deve essere eseguito senza possibilità di contraddittorio. La controparte può essere sentita solo ex post, eliminando il controllo e il bilanciamento che esistevano in passato.
Il cambiamento di politica di AirVPN a partire dal 19 febbraio del 2024 significa che i nuovi clienti dovranno dichiarare di non essere residenti in Italia, con una verifica tramite geolocalizzazione dell’indirizzo IP. I già abbonati potranno continuare a usufruire del servizio fino alla naturale scadenza.
Bilanciare sicurezza e privacy
Questa situazione evidenzia le preoccupazioni e le sfide associate al Piracy Shield. Mentre l’intento di contrastare lo streaming illegale è valido, la mancanza di controllo giurisdizionale e il potere conferito a enti privati per il blocco sollevano interrogativi sulla trasparenza e la giustizia del processo. La decisione di AirVPN di ritirarsi dal mercato italiano mette in luce il conflitto tra gli interessi della lotta alla pirateria e la protezione della privacy e della libertà degli utenti. In un mondo digitale in continua evoluzione, la bilancia tra sicurezza e libertà continua a rappresentare una sfida cruciale.