Nel 1869, lo scrittore francese Jules Verne descrisse il più leggendario dei sottomarini, il Nautilus e il suo capitano Nemo nel celebre romanzo “20.000 leghe sotto i mari“. Con l’arrivo, ai giorni nostri, dell’avanguardistica tecnologia, il meraviglioso racconto di Verne non sembra più solo fantasia. Il presente si mostra come una testimonianza tangibile dell’audacia umana nel conquistare gli abissi oceanici. Questo non solo con l’aumento del traffico subacqueo, ma anche con una metamorfosi tecnologica senza precedenti.
In Italia sempre più diffusi i robot sottomarini
Basta pensare al progetto “Odisseo” di Terna, un colosso italiano nell’ambito delle reti di trasmissione elettrica, che ha intrapreso un’audacesperimentazione con droni sottomarini sviluppati dalla società statunitense Terradepth. L’obiettivo? Utilizzare questi veicoli autonomi per esplorare e mappare i fondali marini, facilitando così la pianificazione e la realizzazione di collegamenti elettrici sottomarini più eco–sostenibili. Questa iniziativa, insieme a numerose altre in tutto il mondo, è soltanto un assaggio dell’impatto crescente degli autonomous underwater vehicle (Auv).
In particolare, in Italia, c’è un protagonista di lunga data nel settore degli Auv: Saipem, l’azienda nata nel 1956 per iniziativa di Enrico Mattei. Con una storia gloriosa di oltre sessant‘anni, Saipem ha rivoluzionato il panorama sottomarino con oltre 32.000 chilometri di condotte per gas e petrolio posizionate negli oceani del mondo. Oggigiorno, con la sua divisione Robotics and Industrialized Solutions, Saipem si propone di guidare la transizione energetica con innovativi progetti di robotica sottomarina. Tra questi troviamo Hydrone e FlatFish, sviluppati dal suo centro tecnologico Sonsub. Questi droni, definiti “residenti“, rappresentano una svolta nel settore, potendo operare autonomamente sul fondo marino senza la necessità di rientrare in superficie dopo ogni missione.
Ma il vero potenziale degli Auv va oltre l’ispezione e la manutenzione delle infrastrutture sottomarine. Essi possono contribuire allo studio dell’ecosistema marino, monitorare la qualità dell’acqua e persino intervenire in situazioni di emergenza, come fughe di CO2.
L’avvento degli Auv rappresenta un capitolo entusiasmante nella storia dell’esplorazione sottomarina, portando con sé promesse di innovazione, sostenibilità e scoperta. E mentre l’eredità di Verne continua a ispirare l’immaginazione umana, è il presente e il futuro degli Auv a plasmare veramente il nostro rapporto con gli abissi oceanici. In questo modo vengono aperti nuovi orizzonti di conoscenza e progresso tecnologico.