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L’inganno del Greenwashing: i limiti dell’auto elettrica

Un’analisi del mercato rivela il deprezzamento delle auto elettriche

Il miraggio dell’auto elettrica, alimentato dall’Unione Europea con una data limite del 2035 per eliminare completamente i veicoli tradizionali, si è rivelato un inganno, come previsto da alcuni esperti e imprenditori come il CEO di Toyota, Akio Toyoda. La realtà è che le auto elettriche non sono pratiche, costano troppo, hanno una durata limitata e presentano sfide ambientali non trascurabili, come lo smaltimento delle batterie.

 

Hertz e Ford abbandonano le auto elettriche

I recenti fatti evidenziano che grandi aziende come Hertz e Ford hanno dovuto fare marcia indietro, annullando commesse di auto elettriche e sostituendole con veicoli a combustibile fossile. La constatazione è semplice: i clienti non vogliono le auto elettriche. Le ragioni sono molteplici, dai costi di riparazione alla svalutazione rapida, dalla complessità di guida al disagio della ricarica, e dalla paura di rimanere senza energia in luoghi senza colonnine di ricarica.

Il mercato, infatti, ha parlato chiaramente, deprezzando le auto elettriche e dimostrando che non rispondono alle esigenze e alle preferenze dei consumatori. Questo ha comportato perdite significative per aziende come Hertz e Ford, dimostrando che seguire un’ideologia senza ascoltare il mercato può avere conseguenze disastrose.

Anche l’illusione dei pannelli solari viene smantellata, con esperti che sottolineano la loro inefficienza economica e il dubbio beneficio ambientale, specialmente quando gran parte di questi pannelli proviene dalla Cina, dove vengono prodotti senza scrupoli ambientali e con materiali difficili da smaltire. La Germania, una fervente sostenitrice della transizione ecologica, si trova ora a dover riconsiderare l’industria solare mentre riprende l’uso delle centrali a carbone.

 

Soluzioni pragmatiche o idee distruttive?

La priorità dovrebbe essere trovare soluzioni pragmatiche che rispondano alle esigenze reali e alle sfide ambientali, anziché seguire ciecamente idee che portano a disastri annunciati. La domanda finale rimane: chi paga i danni di queste scelte sbagliate? La risposta sembra essere un amaro “nessuno”.

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Pubblicato da
Margherita Zichella