L’annuncio di “Sora”, un sofisticato software di intelligenza artificiale in grado di creare video realistici seguendo istruzioni testuali, ha scatenato un’ondata di entusiasmo tra gli addetti ai lavori e il pubblico.
Ma dietro questa innovazione tecnologica si nascondono profonde preoccupazioni riguardanti la potenziale diffusione di disinformazione. Specialmente in contesti delicati come le elezioni politiche.
Di fronte alle crescenti preoccupazioni, aziende leader nel settore tecnologico ed editoriale, tra cui Google, Meta e Adobe, hanno unito le forze per formare la Coalition for Content Provenance and Authenticity (C2PA).
Questo consorzio si prefigge di stabilire standard comuni per verificare l’autenticità dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale. Introducendo anche l’idea di una “filigrana digitale” per tracciare la provenienza dei video e degli altri media prodotti.
Nonostante gli sforzi della C2PA nel definire standard di etichettatura per garantire la provenienza autentica dei contenuti di Sora, permangono dubbi sulla loro efficacia. Alcuni esperti, come Matt Medved, fondatore di NowMedia, sollevano critiche sulla vulnerabilità dei metadati digitali
, che potrebbero essere rimossi o manipolati da malintenzionati. Questo solleva interrogativi sulla reale capacità degli standard proposti di affrontare efficacemente il problema della disinformazione.Secondo alcuni, la soluzione potrebbe risiedere nell’utilizzo della blockchain. Questa tecnologia offre un registro immutabile e decentralizzato che potrebbe certificare in modo inequivocabile la provenienza dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale. Ad ogni modo implementare la blockchain a livello di standard potrebbe rappresentare una sfida tecnica e pratica considerevole.
Insomma, l’avvento di “Sora” e tecnologie simili rappresenta un enorme passo avanti nell’ambito dell’intelligenza artificiale applicata ai media. È fondamentale bilanciare l’innovazione con la sicurezza e l’affidabilità dei contenuti prodotti.
Il lavoro della Coalition for Content Provenance and Authenticity è un passo nella giusta direzione. Resta da vedere se gli standard proposti saranno sufficienti a fronteggiare le sfide sempre più complesse della disinformazione digitale.