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Scoperto nello spazio il buco nero più antico e vorace di sempre

Il costante affascinante mistero dell’universo ha regalato alla comunità scientifica un altro straordinario enigma da decifrare: il buco nero più antico mai osservato. A soli 400 milioni di anni dopo il Big Bang, questo misterioso corpo celeste è stato individuato grazie al potente telescopio spaziale James Webb (JWST) della NASA. La scoperta, resa nota di recente sulla rinomata rivista Nature, è il frutto della collaborazione di un team internazionale di ricercatori, guidato dall’astrofisico italiano Roberto Maiolino dell’Università di Cambridge. Questo gruppo di esperti, che include anche scienziati italiani impegnati in tutto il mondo, ha potuto contare sul significativo contributo della Scuola Normale Superioredi Pisa.

Le caratteristiche del buco nero che hanno sorpreso gli scienziati

Non è solo la sua antichità a rendere questo buco nero unico nel suo genere: è anche sorprendentemente massiccio, superando di gran lunga le dimensioni di altri buchi neri risalenti all’universo primordiale. Questo dato insolito ha sollevato nuove domande e ha messo in discussione le teorie consolidate sulla formazione e l’evoluzione di questi corpi. Secondo le dichiarazioni di Maiolino, i dati raccolti dal JWST hanno sfidato alcune delle teorie accettate finora, spingendo gli scienziati a rivedere e a sviluppare nuove ipotesi.

Si ipotizza infatti che questi buchi neri possano essersi formati già massicci attraverso il collasso gravitazionale di enormi nubi di gas primordiale, oppure possono essere derivati dal collasso delle prime stelle, crescendo rapidamente nel tempo. Questa scoperta mette in discussione le convinzioni precedenti degli astronomi, che ritenevano che i buchi neri supermassicci si formassero nel corso di miliardi di anni. Tuttavia, questo buco nero antico è già completamente formato quando l’universo ha appena superato il miliardo di anni di età.

Oltre alla sua storia e alla sua massa, ciò che rende ancora più affascinante questo buco nero è la sua notevole voracità nel nutrirsi di materia dalla galassia circostante. Questo processo di ingestione di gas, sebbene contribuisca a illuminare intensamente la giovane galassia GN-z11, rischia al contempo di mettere a rischio il suo sviluppo futuro. I ricercatori ora guardano al futuro con speranza, con l’obiettivo di condurre ulteriori osservazioni per individuare altri buchi neri antichi e approfondire la nostra comprensione dei meccanismi alla base dell’evoluzione cosmica. Con nuove iniziative di osservazione in programma, è probabile che nei prossimi anni emergano nuovi dettagli affascinanti sull’universo primordiale e sulla sua straordinaria complessità.

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Pubblicato da
Rossella Vitale