Il Piracy Shield, implementato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) per contrastare la pirateria online, è al centro di un acceso dibattito riguardo alla sua efficacia e precisione.
L’implementazione del sistema ha portato a una serie di blocchi di DNS e indirizzi IP.
Le polemiche però non si sono fatte attendere riguardo al modo in cui vengono identificate e colpite le piattaforme.
Le critiche più accese riguardano i blocchi erronei che hanno colpito anche siti web legali. Ad esempio, l’oscuramento dell’indirizzo IP 188.114.97.7, condiviso con numerosi siti innocenti, ha sollevato dubbi sulla precisione del sistema.
Questi errori hanno generato conseguenze indesiderate, con siti legittimi che sono andati offline mentre quelli pirata sono riusciti a rimanere attivi semplicemente cambiando l’indirizzo IP.
Malgrado le critiche, il commissario AGCOM Massimiliano Capitanio ha difeso il Piracy Shield in televisione. Negando la presenza di errori di overblocking
nel mese di febbraio. Capitanio ha etichettato come “fake news” le segnalazioni riguardanti siti innocenti bloccati per errore. Sostenendo che nessun titolare di DNS o indirizzo IP ha richiesto il ripristino di un sito dopo l’attivazione del Piracy Shield.Un ulteriore punto di attrito è stato generato dalla decisione di AGCOM di non rendere pubblici gli indirizzi IP oscurati, limitandosi a riportare solo il numero totale di blocchi sul proprio sito istituzionale.
Questa mancanza di trasparenza ha sollevato interrogativi riguardo alla possibilità di verificare l’effettiva precisione e correttezza del Piracy Shield.
Piracy Shield continua a dividere le opinioni, con i sostenitori che ne lodano l’intento di combattere la pirateria online e i critici che sollevano dubbi sulla sua efficacia e precisione. Mentre AGCOM continua a difendere il suo strumento, le controversie persistono e la necessità di un bilanciamento tra la protezione dei diritti d’autore e il rispetto della libertà online rimane al centro del dibattito.