Il suggestivo studio in questione, inizialmente diffuso nel 2021 su bioRxv e successivamente pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, getta una nuova luce sul mistero della coda nei primati e, di riflesso, sugli antichi predecessori degli esseri umani. Attraverso questa ricerca, guidata da Bo Xia del Broad Institute, emerge una panoramica affascinante su un gene correlato alla crescita della coda, aprendo le porte a una comprensione più profonda di questa peculiare evoluzione.
La chiave della perdita della coda nell’evoluzione umana
La scoperta chiave del team di ricerca è stata l’identificazione di un gene, TBXT, coinvolto nella regolazione dello sviluppo della coda. Si è scoperto che una mutazione in questo gene, presente in alcune scimmie e negli esseri umani, è stata determinante nella perdita della coda. Attraverso l’utilizzo della tecnologia di modifica genetica CRISPR su topi, i ricercatori sono stati in grado di replicare questa mutazione, risultando nella crescita di code variabili in lunghezza, da normali a assenti. Questo passo avanti offre una prospettiva straordinaria sulla comprensione delle radici genetiche della coda nei primati.
Nonostante l’essere umano abbia un passato “codato” durante le prime fasi dello sviluppo embrionale, il processo di apoptosi porta alla scomparsa quasi totale della coda entro le otto settimane di gestazione, lasciando solo poche vertebre che costituiranno il coccige. La mutazione nel gene TBXT sembra essere stata il punto di svolta cruciale che ha portato a questa peculiarità anatomica distintiva dell’essere umano.
È intrigante osservare che il primo antenato senza coda conosciuto, Proconsul, visse in Africa durante l’epoca del Miocene. Nonostante avesse già perso la coda, circa 25 milioni di anni fa, la sua scomparsa completa è associata al genere umano durante l’evoluzione successiva. Questo solleva la questione di quali benefici abbiano ottenuto gli antichi primati e gli esseri umani dalla perdita della coda.
Un aiuto o un ostacolo?
Una riflessione interessante emerge anche dalla considerazione della coda come strumento di equilibrio e orientamento nelle scimmie. Come afferma la professoressa Michelle Bezanson della Santa Clara University, la coda è un ausilio prezioso per scimmie e primati, aiutandoli durante salti, movimenti e la ricerca di cibo. Mentre la perdita della coda potrebbe essere stata vantaggiosa per gli esseri umani nell’evoluzione verso la bipedalità, è evidente che quest’appendice ha continuato a svolgere un ruolo significativo per altri primati.
Questo studio non solo offre una panoramica approfondita delle basi genetiche della coda, ma pone anche domande stimolanti sulle differenze evolutive tra gli esseri umani e i loro parenti primati. La comprensione di questi meccanismi genetici non solo arricchisce il nostro sapere sulla nostra evoluzione, ma sollecita ulteriori interrogativi sulla varietà delle strategie evolutive adottate nel regno animale.