Nel grande e vasto universo, l’osservazione di fenomeni cosmici eccezionali continua a stupire e a fornire nuove intuizioni sulla natura dei corpi celesti. Un recente studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters e condotto dall’Osservatorio di Armagh nell’Irlanda del Nord, ha portato alla luce una scoperta sorprendente riguardo a una nana bianca chiamata Stella Cannibale.
Questa stella, come altre del suo genere, ha inghiottito frammenti del suo sistema planetario. Il fenomeno era già noto, tuttavia questa volta hanno trovato una prova particolare di tale “delitto” sotto forma di una cicatrice composta da metalli che si estende per circa 500 chilometri sulla sua superficie. Gli esperti hanno condotto l’indagine utilizzando il Very Large Telescope dello European Southern Observatory, situato in Cile. Osservazioni simili potrebbero rivelare informazioni preziose sulla composizione dei pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare.
La peculiarità della stella cannibale: cosa la distingue
Il team di ricercatori, guidato da Stefano Bagnulo, ha individuato questa cicatrice di metalli su una nana bianca, una stella che una volta era simile al Sole e che ora sta attraversando le fasi finali della sua vita, raffreddandosi e raggiungendo dimensioni simili a quelle della Terra. La peculiarità di questa scoperta risiede nel fatto che il campo magnetico ha guidato il materiale metallico fino alla superficie della stella dal suo, in un processo simile a quello che genera le aurore sia sulla Terra che su Giove. Jay Farihi, dell’University College di Londra, ha affermato che avevano dimostrato che i metalli in questione provenivano da un frammento planetario delle stesse dimensioni o forse anche più grande di Vesta, il secondo asteroide per dimensioni nel nostro Sistema Solare.
John Landstreet dell‘Università canadese dell’Ontario Occidentale e dell’Osservatorio di Armagh ha osservato che il materiale non era distribuito uniformemente sulla superficie della stella, come era stato sorprendentemente scoperto. Ha spiegato che la cicatrice era concentrata e mantenuta in posizione dallo stesso campo magnetico che aveva guidato la caduta dei frammenti, descrivendo il fenomeno come mai osservato prima. Questa scoperta non solo ci offre una visione più approfondita dei processi che avvengono nelle ultime fasi della vita di una stella, ma potrebbe anche aprire nuove vie per la comprensione della formazione e dell’evoluzione dei pianeti al di fuori del nostro sistema solare.