Nelle metropoli cinesi, la frenesia quotidiana, lo stress e la pressione lavorativa spesso rendono complicate attività come andare al cinema, praticare sport o fare un viaggio. La soluzione? “Dazi” o compagni in affitto, una pratica dove giovani offrono la loro compagnia su social come Douyin (equivalente cinese di TikTok) e Xiaohongshu, ricevendo in cambio una somma di denaro.
Questo fenomeno, conosciuto anche come “搭子” in dialetto, ha guadagnato popolarità soprattutto tra i giovani della generazione Z, nati a cavallo tra gli anni ’90 e 2000. Essi offrono la propria compagnia su piattaforme social come Douyin e Xiaohongshu, ricevendo in cambio una somma di denaro.
Il termine “dazi” è diventato uno dei più ricercati sul web cinese, superando i confini dialettali per diventare un elemento comune nel vocabolario giovanile. Accanto a esso, compaiono parole chiave come cibo, sport, videogiochi, shopping e studio, permettendo agli interessati di specificare quale tipo di compagnia stanno cercando o offrendo.
Questo fenomeno si inserisce in un contesto sociale complesso. La Cina affronta una significativa disoccupazione giovanile, con il 14,9% tra i 16 e i 24 anni. I giovani si trovano demoralizzati da un’economia instabile e lavori insoddisfacenti, cercando alternative che rispecchino le mutevoli dinamiche sociali ed economiche. La pratica del “dazi” diventa così una sorta di seconda opportunità lavorativa, permettendo ai giovani di generare reddito e affrontare la precarietà.
La struttura del “dazi” è notevolmente redditizia, con alcuni giovani che guadagnano fino a 15 euro all’ora per condividere un pomeriggio di chiacchiere o fare shopping con coetanei sconosciuti. Sui social media, i blogger pubblicano annunci di “amici in affitto” cercando di trasformare questa pratica in un’opportunità economica vincente.
L’attrattiva del modello “dazi” risiede nella sua semplicità e praticità. A differenza delle relazioni tradizionali, spesso complesse e impegnative, il “dazi” offre interazioni temporanee, quasi superficiali, senza richiedere investimenti di tempo ed emozioni profonde. Si colloca tra l’amicizia e la conoscenza, colmando un vuoto emotivo in una società sempre più individualista.
Ma questo modello non è privo di rischi. La vulnerabilità emotiva dei giovani esposti a potenziali truffatori richiede prudenza. Su social network cinesi, sono comparsi avvisi che mettono in guardia dalle possibili insidie di chi potrebbe fingersi un “dazi” per ottenere gratuitamente una cena o addirittura un prestito.
È interessante notare che il fenomeno “dazi” non è unicamente cinese. In Giappone, servizi simili esistono da tempo, con alcune persone che hanno raggiunto livelli incredibili di successo. Shoji Morimoto, ad esempio, viene pagato per mangiare, bere o semplicemente conversare con i clienti. Iniziato nel 2018 come un’esperienza gratuita, è diventato un’eccezionale fonte di reddito, con una tariffa di 96 dollari o 10mila yen a impiego. La sua storia dimostra come il concetto di farsi pagare per la propria compagnia stia guadagnando terreno al di là dei confini culturali.
Il fenomeno del “dazi” riflette la complessità delle sfide sociali, economiche e culturali che i giovani affrontano in un mondo in rapida trasformazione. Mentre la pratica può essere vista come una risposta creativa a tali sfide, sottolinea anche la necessità di nuove forme di connessione in una società sempre più isolata e digitalizzata. In un’epoca in cui la tecnologia facilita le interazioni virtuali, il “dazi” emerge come un tentativo di colmare il divario nella connessione umana, anche se temporanea e transitoria.