Se consideriamo l’impatto che la tecnologia ha sulla nostra vita è innegabile che la velocità di elaborazione rappresenta un aspetto di fondamentale importanza. A tal proposito, una recente scoperta si propone come un punto di svolta, potenzialmente in grado di rivoluzionare radicalmente il modo in cui i nostri computer, e non solo, gestiscono e processano le informazioni.
Gli studiosi dell’Università della California, Riverside, hanno sviluppato un processo innovativo. L’utilizzo di tale sistema promette di raddoppiare la velocità di elaborazione dei computer esistenti, senza richiedere l’aggiunta di hardware supplementare. Questa ricerca introduce il concetto di multithreading simultaneo e eterogeneo (SHMT). Si tratta di una strategia progettata per massimizzare l’efficienza dei processori multipli già presenti nei nostri dispositivi elettronici.
Computer con velocità raddoppiata
Secondo quanto affermato da Hung–Wei Tseng, un ingegnere informatico presso l’UCR, non è necessario aggiungere dei nuovi processori, perché è possibile ottimizzare quelli già esistenti. Tale innovativa metodologia, infatti, propone l’impiego simultaneo, e in modo parallelo, di differenti unità di elaborazione. Si tratta delle unità dedicate alla grafica (GPU), all’apprendimento automatico (TPU) e alle operazioni di calcolo generico (CPU). Lo scopo è quello di ottimizzare il flusso di lavoro e ridurre i colli di bottiglia presenti nella trasmissione dei dati.
Durante i primi test condotti, è stato registrato un aumento della velocità di esecuzione del codice pari quasi al doppio. Inoltre, è stato registrato anche un notevole risparmio energetico del 51%. I ricercatori hanno spiegato che i modelli di programmazione che attualmente vengono utilizzati si focalizzano sull’impiego delle unità di elaborazione più efficienti per ciascun segmento di codice. Attraverso questo processo viene sfruttata, in modo subottimale, la potenza di calcolo presente all’interno dei computer eterogenei.
Questa innovativa scoperta non soltanto promette di migliorare le prestazioni hardware, ma anche di incrementare l’efficienza energetica. Il tutto provando a ridurre l’impatto ambientale derivante dall’utilizzo dei dispositivi elettronici. Sebbene l’attuazione pratica di questa tecnologia sia ancora in fase embrionale, con significative sfide da affrontare riguardo alla suddivisione e alla riunificazione dei compiti di calcolo tra differenti processori, i primi test sembrano indirizzare il mondo tecnologico verso un futuro in cui la potenza di calcolo dei dispositivi potrebbe essere sfruttata al massimo delle proprie potenzialità.