Nonostante la sua pelle liscia e priva di peli, sembrerebbe proprio che ci sia una rana all’origine delle nostre amate chiome. Questo è quello che viene fuori da una nuova ricerca della biologia evolutiva, che ci riserva sempre sorprese inaspettate.
La chiave di questo enigma risiede nelle stranezze anatomiche delle rane, in particolare nelle unghie della rana artigliata tropicale (Xenopus tropicalis), che, nonostante la loro mancanza di peli, condividono componenti cheratinosi simili a quelli dei capelli. Marjolein Carron, biologo molecolare dell’Università di Ghent, e il suo team hanno scavato a fondo in questa straordinaria scoperta, sperando di gettare luce sulle origini della peluria nei mammiferi.
Ciò che è emerso ha stupito la comunità scientifica: non solo le unghie delle rane e i capelli dei mammiferi condividono similitudini a livello molecolare, ma sono regolati da geni comuni, tra cui il gene Hoxc13. Questo gene, noto per essere coinvolto nella crescita dei capelli e delle unghie umane, è risultato essere cruciale anche nel processo di sviluppo degli artigli delle rane.
Questa scoperta rivoluzionaria suggerisce che le basi genetiche per lo sviluppo dei capelli furono poste molto tempo fa, durante l’evoluzione del nostro antenato comune con le rane. In quell’epoca, quando la vita fuori dal mare era ancora gli albori, entrambi i gruppi condividevano un tetrapode ancestrale che camminava sulla terraferma, 375 milioni di anni fa. L’espressione di molecole simili alla cheratina si è successivamente diffusa in altre parti del corpo durante l’evoluzione dei mammiferi, portando infine alla diversificazione e alla specializzazione in quelli che ora sono i nostri capelli.
Questo studio non solo ci offre una nuova prospettiva sulla nostra storia evolutiva ma sottolinea anche l’importanza degli adattamenti della pelle nel fornire protezione e supporto nelle varie funzioni vitali. Così, mentre ammiriamo la bellezza dei nostri capelli e la loro storia ancestrale, possiamo anche riflettere su quanto velocemente crescono, magari senza mai smettere di chiederci quanto ancora potranno raccontarci le straordinarie creature che condividono il nostro pianeta.