Uno studio recente condotto sui resti del celebre compositore Ludwig van Beethoven pone questioni interessanti sul legame tra genetica e talento musicale. Pubblicato sulla rivista Current Biology, lo studio internazionale ha provveduto ad esaminare il materiale genetico estratto dai capelli del grande maestro, concentrandosi poi sulle sue predisposizioni genetiche legate alla musica, ed in particolare al senso del ritmo.
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe dal grande compositore tedesco, la cui opera è così importante ed influente ancora oggi da essere scelta come inno dell’Europa Unita, i risultati dell’analisi genetica non hanno rivelato alcuna predisposizione particolare per la musica. Questi dati sollevano interrogativi importanti sul ruolo dei geni nel determinare il talento musicale. Confermano, quindi, che geni spesso non si nasce ma si diventa, grazie alle influenze sociali e culturali di cui ci circondiamo, alla nostra tenacia e alle nostre capacità personali.
Altri studi precedenti hanno confermato che solo una parte delle competenze musicali, circa il 42%, può essere ereditata. Altri fattori, come l’ambiente, l’educazione, la volontà e la pratica personale, giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del talento musicale. E’ quindi facile capire quanto possa essere complesso e illusorio il tentativo di predire le capacità individuali basate sul DNA, specialmente nei casi come quello musicale, che risultano persino più complessi.
Va sottolineato che l’obiettivo della ricerca non è, ovviamente, sminuire l’enorme talento di Beethoven (chi potrebbe riuscirci, d’altronde? Google gli ha persino dedicato un Doodle), ma piuttosto evidenziare che l’utilizzo di punteggi genetici per fare previsioni accurate sulle capacità individuali potrebbe non essere così preciso o realmente influente come si può pensare. Le capacità musicali, come anche altri tipi complessi di talento, non sono facilmente misurabili in questo modo e limitare la propria ricerca alla sola genetica potrebbe non essere l’idea migliore.