Nonostante possa suscitare orrore ancora oggi, alcuni esperti sostengono che la ghigliottina potrebbe rappresentare il metodo di esecuzione più indolore. In teoria, dovrebbe garantire una morte istantanea. Ma questa affermazione regge davvero?
Se riflettiamo brevemente sulla sua storia, nel 1789 il dottor Joseph-Ignace Guillotin riteneva che la ghigliottina avrebbe assicurato una morte quasi serena. Solo tre anni dopo, divenne lo strumento ufficiale di esecuzione. E’ sorprendente notare come l’ultima esecuzione con questo macabro strumento avvenne nel non troppo lontano 1977 in Francia. Ma come possiamo realmente rispondere alla domanda iniziale?
Possiamo cominciare prendendo in considerazione alcuni resoconti aneddotici. Per esempio, quando la regina inglese Anna Bolena fu decapitata nel 1536, i testimoni giurarono di aver visto le sue labbra muoversi, come se avesse voluto comunicare un ultimo messaggio. Ancora più sorprendente, nel 1905, il medico francese Jacques Beaurieux tentò di chiamare per nome un uomo, Languille, appena decapitato. Il risultato di questo esperimento sembrò incredibile.
“Quando i miei occhi incontrarono i suoi, Languille mi guardò
con determinazione e le sue pupille si concentrarono. Non era lo sguardo vuoto e inerte che si osserva solitamente negli agonizzanti, era un’occhiata vivace e consapevole diretta a me. Dopo alcuni secondi, le sue palpebre caddero lentamente e uniformemente, la testa riprese l’aspetto che aveva prima che lo chiamassi”, scrisse Beaurieux.Ciò nonostante, considerando che la testa cadeva direttamente in un cesto, è comprensibile dubitare di tali testimonianze. Allora cerchiamo risposte nel regno animale.
Uno studio del 2013 condotto in Nuova Zelanda ha esaminato l’attività cerebrale di ratti decapitati utilizzando l’elettroencefalografia (EEG). Dopo aver sedato i ratti, sono stati decapitati con delle minuscole ghigliottine. I risultati sono stati sconcertanti: l’attività cerebrale è persistita per 10-15 secondi dopo la decapitazione, indicando un possibile periodo di tempo in cui, almeno teoricamente, i ratti potevano percepire dolore.
Dopo aver esplorato questa storia angosciante, è chiaro che ulteriori ricerche sono necessarie per stabilire definitivamente se e quanto la ghigliottina possa essere dolorosa. La storia degli obitori ci ricorda quanto sia importante un approccio rigoroso e scientifico per comprendere appieno le implicazioni di questo metodo di esecuzione.