Ai tempi dell’indagine il colosso di Mountain View aveva assicurato ai suoi utenti che una volta disattivata la relativa impostazione dai dispositivi l’azienda non avrebbe potuto accedere ai loro dati. Peccato che i fatti abbiano provato il contrario. L’indagine ha rivelato che Google, nonostante le precedenti premesse, ha continuato ad accedere alle informazioni relative alla posizione dei suoi utenti. Inoltre, anche dopo la disattivazione della cronologia delle posizioni, questi dati sono stati conservati dall’azienda.
Secondo i querelanti, un comportamento del genere va contro le leggi della California
sulla privacy e dunque hanno accusato Google di essersi introdotta nella propria sfera privata. Dalle indagini è emerso che a posizione degli utenti veniva registrata ogni volta che si utilizzava una delle app di Google sul proprio smartphone.La causa collettiva in California ha stabilito un risarcimento che Google dovrà fornire creando un fondo in contanti non reversibile. I 62 milioni di dollari saranno distribuiti a 21 organizzazioni no profit. Quest’ultime si impegnano per difendere il diritto alla privacy degli utenti coinvolti nella causa collettiva.
La sentenza finale è arrivata dopo circa sei anni. Nel frattempo, Google si è impegnata per apportare una serie di modifiche che permettano agli utenti di controllare con precisione come funziona il tracciamento della loro posizione. Inoltre, viene permesso loro di accedere alle informazioni relative e cancellare la cronologia in qualsiasi momento vogliano mantenendo il sistema sicuro e protetto.