Molto tempo fa, verso gli anni 60, gli Stati Uniti, erano nel cuore della Guerra Fredda. Quest’ultimi fecero un tentativo per dominare le comunicazioni mondiali, molto audace e controverso. Venne chiamato “il progetto West Ford”. Venne sia ideato e sia sviluppato dal Laboratorio Lincon del MIT, commissionato dall’esercito americano. Il progetto era mirato nel creare una ionosfera artificiale intorno alla terra.
Ebbero l’idea di lanciare circa 480 milioni di aghi di rame nello spazio, in maniera tale da favorire la telecomunicazione radio globale. Con la funzione di antenne dipolo, questi aghi avevano il compito di formare un anello orbitale per fare da supporto alle trasmissioni emesse del parabolico terrestre nell’Osservatorio Haystack di Westford. La necessità di questo esperimento causava preoccupazione riguardo l’Unione Sovietica che potesse manomettere i cavi di comunicazione sottomarini. Questa causa rendeva così la ionosfera naturale come mezzo di comunicazione oltreoceano unico per le forze speciali. Fecero un tentativo nel 21 ottobre 1961
, fallì perchè gli aghi non si distribuirono come previsto. Il 9 maggio del 1963 durante un tentativo si raggiunse il successo, perchè gli aghi lanciati formarono l’anello desiderato.Però come ogni successo c’è sempre da ridere, infatti si scatenarono, nonostante il successo in ambito tecnico, delle proteste a livello internazionale contro il progetto West Ford. Astronomi britannici, la Royal Astronomical Society e il quotidiano sovietico Pravda fecero capire la loro preoccupazione e dissenso. Il dissenso venne causato dal fatto dell’inquinamento dello spazio come conseguenza di questo progetto. Il progetto venne discusso anche dalle Nazioni Unite dove venne difeso dall’ambasciatore americano Adlai Stevenson, dicendo che gli aghi si sarebbero allontanati dall’orbita terrestre dopo 3 anni. Nonostante le difese, comunque le polemiche portarono ad una clausola di consultazione nel Trattato dello Spazio Esterno del 1967. Gli aghi dispersi in orbita causarono la frammentazione dei detriti spaziali che ancora oggi abbiamo sopra le nostre teste.