La generazione Z e quella successiva, l’Alpha, sembrano stanche degli schermi. Intendiamoci, non dei vecchi televisori o dei monitor del computer, ma degli schermi dei loro smartphone e della dipendenza dai social media che questi comportano. E questa stanchezza si è manifestata in un modo piuttosto inaspettato: con il ritorno dei “dumb phones“.
Sì, quei telefoni cellulari semplici, senza tutte le campanelle e i fischi degli smartphone moderni. Quelli che usavamo prima che i telefoni diventassero computer tascabili. Ebbene, sembrano essere tornati di moda.
Immagino che parte del loro fascino risieda nel loro design retrò, quel look minimalista che ci riporta agli anni 2000. Non è una sorpresa che i media, sempre pronti a saltare sul carro dei trend, abbiano iniziato a parlarne. Un articolo sul New York Times ha raccontato l’esperienza di qualcuno che ha usato un telefono del genere per un mese intero, e devo dire che ha acceso un po’ di curiosità.
Ma cosa c’è dietro questo ritorno ai telefoni “stupidi”? Forse è solo un segno che stiamo cercando di trovare un equilibrio tra il mondo digitale e quello reale. Una sorta di “disintossicazione digitale” per riportare un po’ di calma nelle nostre vite, migliorare la concentrazione e rafforzare i legami personali.
E sembra che le aziende stiano rispondendo a questa tendenza emergente. Heineken, per esempio, ha lanciato il “Boring Phone” insieme a Bodega, un telefono che punta a ridurre le distrazioni digitali e incoraggiare una vita sociale più autentica. Hanno persino presentato questo telefono alla Design Week di Milano, dimostrando che non si tratta solo di un capriccio momentaneo, ma di una vera e propria tendenza.
Tutto questo mi fa pensare. Forse c’è qualcosa di speciale nel tornare a un telefono che fa solo chiamate e invia messaggi di testo. Forse ci fa apprezzare di più i momenti di vera connessione umana. Forse è proprio quello di cui abbiamo bisogno in questo mondo sempre più connesso.