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Una bufera ha coinvolto Rabbit R1: ecco quali sono le accuse

Il Rabbit R1 è arrivato da pochi giorni nelle mani dei primi utenti esteri. In questo modo è stato possibile mettere alla prova le funzioni basate sull’intelligenza artificiale che fino a questo momento erano disponibili solo nei test ufficiali.

Il rilascio del nuovo Rabbit R1, tanto acclamato durante l’ultima edizione del CES di Las Vegas, ha scatenato una serie di polemiche inaspettate. Dopo l’arrivo dei primi feedback relativi al dispositivo si è ipotizzato che dietro quest’ultimo si celi in realtà una semplice applicazione Android.

Nuove polemiche hanno coinvolto il dispositivo Rabbit R1

Le prime polemiche sono emerse dopo alcuni giorni dal rilascio. Tutto ha avuto inizio quando Android Authority ha pubblicato un articolo in cui accusava Rabbit R1 di utilizzare Android per il suo dispositivo AI. In questo modo, il team dietro l’articolo è riuscito a ricavare, sotto forma di file APK, un’app Android che permetterebbe di gestire l’interfaccia del sistema R1.

Il file è stato installato con successo su un Google Pixel 6a. Successivamente, il team di Android Authority è riuscito a porre domande all’assistente AI, anche se gli utenti hanno riscontrato una schermata

tagliata” a causa della differenza diagonale tra il cellulare utilizzato e il Rabbit R1. Dopo questi primi “successi”, il team non è riuscito ad accedere ad altre funzioni, come ad esempio l’uso di Spotify e Vision. Mishaal Rahman, nell’articolo pubblicato su Android Authority ha ribadito che il dettaglio principale è che dietro il dispositivo hardware si celano funzioni che potrebbero tranquillamente essere inserite in una semplice app per smartphone.

Quanto accaduto ha sollevato ovviamente un gran polverone. Non è tardata la risposta da parte dell’azienda Rabbit inc. in una nota inviata proprio all’Android Authority. A firmare il messaggio è stato Jesse Lyu, CEO e fondatore dell’azienda. Con questo comunicato viene categoricamente escluso che l’interfaccia di Rabbit R1 sia una semplice applicazione. Riguardo all’esperimento condotto si è dichiarata consapevole della presenza di emulatori non ufficiali. Questi non permettono di accedere alle funzionalità complete del dispositivo che è in grado di funzionare solo con il dovuto supporto.

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Pubblicato da
Margareth Galletta