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Questa memoria innovativa funziona anche a 600 gradi per oltre 60 ore

Un gruppo di ricercatori guidati da Deep Jariwala e Roy Olsson della University of Pennsylvania è riuscita a mettere a punto una particolare memoria che è in grado di funzionare a livelli di temperatura a dir poco estremi, parliamo di 600° per oltre 60 ore, per intenderci un ambiente paragonabile a quello su Venere.

Si tratta di un avanzamento tecnologico decisamente importante dal momento che con l’aumento delle temperature, gli elettroni che sono l’unità utilizzata per immagazzinare i dati diventano instabili, cosa che causa guasti nei dispositivi con perdita di informazioni, tale memoria invece elimina questo problema consentendo la creazione di strumenti in grado di memorizzare dati anche in condizioni inaccessibili.

le possibili applicazioni sono infatti tantissime, dall’esplorazione dei meandri della terra fino allo spazio, luoghi nei quali normalmente i normali dispositivi hanno bisogno o di un raffreddamento costante o di uno scudo termico proprio per evitare danni.

 

Un materiale particolare

Questa memoria memoria si basa su un particolare materiale ferroelettrico conosciuto come nitruro di alluminio e scandio

, questo materiale è in grado di mantenere un determinato stato elettrico definito anche dopo la rimozione del campo elettrico esterno che lo ha generato, a temperature significativamente più elevate rispetto a quelle tollerate dal silicio.

Come se non bastasse la struttura cristallina di questo materiale gli consente di avere legami più stabili e solidi, cosa che si traduce non solo in un’elevata resistenza al calore bensì anche un’estrema durevolezza, come se non bastasse tutto ciò aumenta la rapidità di commutazione tra gli Stati elettrici consentendo nel pratico di leggere e scrivere dati ad alta velocità.

La struttura di questa memoria è costituita da uno strato sottile composto da tre fasi, metallo-isolante-metallo, la quale incorpora elettrodi nichel e platino con uno strato sottile, lo spessore è fondamentale dal momento che uno strato troppo sottile porterebbe alla degradazione del dispositivo mentre uno troppo spesso andrebbe ad alterare le proprietà ferroelettriche.

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Pubblicato da
Eduardo Bleve