La sfida della rappresentazione accurata dei nomi propri attraverso l’autocorrezione è diventata un argomento cruciale per molti individui in tutto il mondo. Questa problematica si manifesta attraverso un fenomeno comune: nomi corretti automaticamente in forme errate o addirittura offensive. A Londra, un gruppo di professionisti creativi ha dato vita alla campagna “I am not a typo” (“Non sono un errore di battitura”), con l’intento di sensibilizzare le aziende tecnologiche riguardo tale problematica.
Tra coloro che portano avanti questa iniziativa si trova Savan–Chandni Gandecha, un creatore di contenuti anglo–indiano. Gandecha ha espresso la sua frustrazione per il fatto che il suo nome, che significa “luce lunare monsonica”, venga frequentemente corretto in “Satan” o “Savant“. Questo non è solo un problema limitato alla lingua inglese; anche in India, il suo nome viene distorto in “Sawan“. Gandecha sostiene che la tecnologia dovrebbe essere più inclusiva, riconoscendo la diversità dei nomi in tutto il mondo.
Il correttore automatico storpia i nomi e gli utenti dicono basta
La campagna ha rivelato dati allarmanti. Secondo le stime, quattro su dieci nomi di neonati nati in Inghilterra e Galles nel 2021 sono stati considerati “errati” o “non accettati” dagli standard dell’autocorrezione. Questo problema non riguarda solo i nomi lunghi o complessi. Persino nomi relativamente corti, come quello della giornalista Dhruti Shah, vengono alterati in forme inaccettabili come “Dirty” o “Dorito”. Shah ha sottolineato che questo tipo di errore non solo è fastidioso, ma può anche portare a fraintendimenti o a una percezione negativa della sua identità.
Anche Rashmi Dyal–Chand, professore presso la Northeastern University negli Stati Uniti, ha aggiunto la sua voce alla causa. Il suo nome stesso viene talvolta corretto in “Sashimi“, un termine giapponese per il pesce crudo. Dyal-Chand ha sottolineato come il correttore automatico, sebbene possa sembrare un comodo strumento, in realtà escluda e danneggi coloro che hanno nomi non occidentali o convenzionali.
Con la comunicazione digitale sempre più predominante, la precisione nella rappresentazione dei nomi propri è essenziale per garantire un’esperienza inclusiva per tutti. Per questo la campagna “I am not a typo” continua a sollecitare le aziende tecnologiche affinché affrontino questo problema.