Un recente studio commissionato da Hewlett Packard Enterprise (HPE) ha portato alla luce un dato significativo: il 44% dei leader IT intervistati ritiene che le proprie organizzazioni siano pronte a sfruttare i vantaggi dell’intelligenza artificiale (AI). Ma emergono importanti lacune strategiche che compromettono l’efficacia complessiva, con un disallineamento tra processi e metriche che crea un approccio frammentato, aggravando le difficoltà esecutive.
Lo studio Architect an AI Advantage
Il rapporto, intitolato “Architect an AI Advantage“, ha coinvolto oltre 2.000 responsabili IT di 14 paesi. Nonostante l’aumento degli investimenti in AI, molte aziende trascurano aree chiave cruciali per il successo, come la maturità dei dati, il provisioning di rete e di calcolo, oltre a considerazioni etiche e di compliance. Queste mancanze potrebbero influire negativamente sul ritorno sugli investimenti (ROI).
La diffusione dell’AI sta accelerando, con quasi tutti i leader IT che prevedono un aumento della spesa in questo settore nei prossimi 12 mesi. Tuttavia, senza un approccio olistico, i problemi esistenti potrebbero rallentare i progressi. Il disallineamento strategico e il mancato coinvolgimento dei reparti potrebbero impedire alle organizzazioni di prendere decisioni efficaci e garantire che una roadmap olistica sull’AI porti benefici a tutte le aree aziendali in modo congruente.
La ricerca ha evidenziato l’importanza della qualità dei dati per le prestazioni dell’AI. Nonostante il riconoscimento della gestione dei dati come fattore critico, solo il 7% delle organizzazioni è in grado di eseguire operazioni di push/pull di dati in tempo reale, e solo il 26% ha predisposto modelli di governance dei dati per analisi avanzate. Inoltre, meno del 60% degli intervistati ha dichiarato che la propria organizzazione è in grado di gestire tutte le fasi chiave della preparazione dei dati per l’AI, rischiando così di rallentare il processo di creazione del modello e aumentando la probabilità di ottenere informazioni imprecise e un ROI negativo.
Il mondo aziendale ancora impreparato per l’AI
Per quanto riguarda i requisiti di calcolo e di rete per il ciclo di vita dell’AI, sebbene il 93% dei responsabili IT ritenga che la propria infrastruttura di rete sia adeguata e l’84% concordi sulla flessibilità dei propri sistemi di calcolo, meno della metà comprende pienamente le diverse esigenze delle attività di AI, sollevando dubbi sulla capacità di fornire le risorse necessarie in modo accurato.
Un altro problema è la frammentazione delle strategie di AI tra le diverse funzioni aziendali. Più di un quarto (28%) dei leader IT ha descritto l’approccio complessivo all’AI della propria organizzazione come “frammentato“, con un terzo (35%) che ha creato strategie separate per le singole funzioni e il 32% che definisce obiettivi diversi. Preoccupa anche che l’etica e la conformità alle normative siano trascurate, con solo il 13% dei leader IT che considera le questioni legali e di compliance critiche per il successo dell’AI, e solo l’11% che dà importanza all’etica.
Il rischio reale per le aziende è di creare modelli di AI poco efficaci a causa della bassa maturità dei dati e della mancanza di comprensione delle esigenze dell’infrastruttura IT. Questo potrebbe portare a un aumento delle emissioni di carbonio nei data center e a un ROI negativo, con impatti negativi sul brand e possibili perdite nelle vendite o sanzioni legali.