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Voce ritrovata: il potere dell’impianto cerebrale per i paralizzati

Grazie all’IA una persona paralizzata ha trovato un modo nuovo di comunicare, e in ben due lingue diverse!

Un uomo paralizzato perde la voce dopo un ictus, ma una nuova tecnologia lo aiuta a parlarne nuovamente, sia in spagnolo che in inglese. A 36 anni, ha perso l’uso delle gambe e delle braccia, ma grazie a un impianto cerebrale ha ritrovato la speranza di comunicare. Sembrerebbe quasi una storia creata da qualche fantasioso scrittore di fantascienza, ma è quello che è successo davvero nella nostra realtà tecnologica.

 

La comunicazione bilingue

Prima di questa svolta, la sua diagnosi sembrava inarrestabile: anartia, una condizione che lo rendeva capace solo di suoni gutturali. Usava un’interfaccia che gli consentiva di scrivere parole muovendo leggermente la testa, ma con l’inserimento di un’interfaccia cervello-computer (BCI), le sue capacità di comunicazione sono esplose. Questo impianto, con 128 elettrodi, è stato posizionato sulla superficie del suo cervello per decodificare l’attività neurale legata al linguaggio.

L’impianto è stato messo alla prova: poteva capire sia lo spagnolo

che l’inglese, lingue che l’uomo ha imparato in momenti diversi della sua vita. Sorprendentemente, il sistema ha imparato entrambe le lingue senza bisogno di essere programmato specificamente per ognuna di esse.

Durante il processo di apprendimento, il paziente ha guardato parole sullo schermo in entrambe le lingue, pronunciandole mentalmente mentre il sistema traduceva l’attività cerebrale. Per rendere il tutto ancora più preciso, i ricercatori hanno usato modelli di linguaggio avanzati, riducendo così gli errori.

 

Un’innovazione necessaria

Alla fine del processo, l’uomo poteva tenere conversazioni usando parole in inglese e spagnolo, passando da una lingua all’altra con facilità. Questo incredibile successo non solo dimostra il potenziale delle BCI nel ripristinare la comunicazione per persone paralizzate, ma offre anche nuove intuizioni sul bilinguismo nel cervello.

Non tutto è perfetto: c’è ancora bisogno di un vocabolario più ampio e di un aggiustamento continuo del sistema. Ma i ricercatori sono ottimisti sul futuro di questa tecnologia e sulle opportunità che offre.

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Pubblicato da
Margherita Zichella