Google ha finalmente rotto il silenzio. Il documento di oltre 2.500 pagine, trapelato nelle scorse settimane e contenente 14.014 attributi (funzionalità API) provenienti dal “Content API Warehouse” relativi al suo algoritmo di ricerca, è autentico. Lo ha confermato Davis Thompson, portavoce di Google, in una mail inviata a The Verge.
“Vorremmo mettere in guardia dal fare ipotesi imprecise sulla ricerca basate su informazioni fuori contesto, obsolete o incomplete. Abbiamo condiviso ampie informazioni su come funziona la Ricerca e sui tipi di fattori valutati dai nostri sistemi, lavorando anche per proteggere l’integrità dei nostri risultati dalla manipolazione,” ha dichiarato Thompson.
I documenti in questione, resi pubblici dall’esperto SEO Rand Fishkin dopo essere stati inizialmente pubblicati su GitHub alla fine di marzo (e ritirati il 7 maggio), offrono uno sguardo “senza precedenti“, spesso “contrastante“, sul funzionamento dell’algoritmo di ricerca di Google e sul modo in cui l’azienda tiene traccia dei dati raccolti durante la navigazione sul web. Molti di questi dati verrebbero utilizzati anche per la classificazione dei contenuti. In pratica, nonostante Google abbia negato più volte questa pratica, sembrerebbe che l’azienda raccolga e utilizzi potenzialmente dati che influenzano il posizionamento delle pagine nella Ricerca.
Secondo Google, queste migliaia di pagine di documenti servirebbero solo come archivio di informazioni per i dipendenti. Tuttavia, non è chiaro quali dati specifici vengano effettivamente utilizzati per classificare i contenuti di ricerca. Inoltre, gran parte di queste informazioni potrebbe essere obsoleta, usata solo per scopi di formazione e non raccolta specificamente per la ricerca.
Nonostante ciò, questi documenti – insieme alle recenti testimonianze nel caso antitrust del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti – stanno fornendo una maggiore chiarezza sui dati esaminati da Google per la classificazione dei siti web, argomento su cui l’azienda ha sempre mantenuto il massimo riserbo. È probabile che tutte le informazioni rese pubbliche in questi mesi possano comunque avere ripercussioni significative nei settori dell’ottimizzazione dei motori di ricerca (SEO), del marketing e dell’editoria.
La rivelazione di questi documenti sta sollevando domande cruciali su come Google utilizzi i dati per modellare l’esperienza di ricerca degli utenti e su come questa pratica possa influenzare i risultati della ricerca. Le implicazioni sono vaste, con potenziali effetti sulle strategie di SEO, sull’industria del marketing digitale e sul panorama editoriale online.