Meta di nuovo multata da un paese dell'Unione Europea, stavolta proprio dall'Italia
Meta di nuovo multata da un paese dell’Unione Europea, stavolta proprio dall’Italia

Meta, il colosso dei social network, è di nuovo sul banco degli imputati in Italia, e questa volta l’addio al portafoglio è stato davvero salato. L’Antitrust ha elaborato una multa da capogiro: niente meno che 3,5 miliardi di euro. Una cifra da capogiro che ha fatto sobbalzare più di qualcuno.

 

AGCM e la lotta per i diritti degli utenti di Meta

Il motivo di questa mannaia sospesa sulla testa di Meta sono state un paio di mosse commerciali che hanno sollevato parecchie sopracciglia. Pare che il gruppo dei social network abbia usato senza farsi troppi problemi un paio di trucchi poco chiari riguardo alla creazione e alla gestione degli account su Facebook e Instagram. Sembra infatti che non abbiano spiegato bene agli utenti che fine facessero i loro dati personali, e questo ha mandato su tutte le furie l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che non ha esitato a tirare fuori l’artiglieria pesante.

Ma non è finita qui con le stranezze di Meta. L’AGCM ha anche accusato l’azienda di non aver gestito in modo troppo preciso la sospensione degli account Facebook e Instagram. Pare che non abbiano dato agli utenti tutte le informazioni necessarie su come fare ricorso contro la sospensione, e poi hanno messo anche una deadline piuttosto stringata, appena 30 giorni per tirare fuori le armi.

Bisogna ammettere che durante l’indagine Meta ha smesso di mettere in atto queste pratiche poco limpide. Ma il danno era già fatto, e l’Autorità ha deciso di far sentire il peso della sua mano. Una mossa che vuole mandare un messaggio chiaro e forte: qui in Italia la trasparenza e la tutela dei consumatori vanno al primo posto.

 

Una multa che possa essere di lezione

Questa multa rappresenta un duro colpo per Meta, che già da un po’ sta facendo i conti con le autorità di vari paesi per questioni legate alla privacy e alla concorrenza. E chissà che non sia un campanello d’allarme per l’azienda, che dovrà mettere a posto la baracca se vuole evitare altri guai. Alla fine dei conti, si tratta della privacy e della sicurezza di milioni di utenti, e quello non è uno scherzo.

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